Fab Lab Reggio Emilia: Un assaggio di MIT

Un nuovo approccio alla manifattura mette assieme professionisti, appassionati e curiosi per creare nuovi prodotti utilizzando le tecnologie più avanzate.

di Matteo Ovi

Settimana scorsa ci siamo recati allo Spazio Gerra di Reggio Emilia, un progetto culturale all’interno del quale opera da ormai un anno il primo Fab Lab della regione. Si tratta una giovane impresa nata da un progetto di Francesco Bombardi in seno a REi e in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia.

Fab Lab è un laboratorio in scala ridotta che utilizza una serie di macchine computerizzate e gestite attraverso software Open Source facilmente accessibili. E fin qui, nulla di insolito. Come precisa Bombardi, “la differenza e l’innovazione principale di Fab Lab sono i suoi utenti”. Il laboratorio fornisce infatti alle imprese, alle scuole, ai creativi e a tutti i cittadini le macchine e l’attrezzatura necessaria per dar corpo alle proprie idee, permettendo a ogni utente di sviluppare una cultura del fare e di acquisire le competenze necessarie per trasformare le proprie idee in prototipi e prodotti.

Nato al MIT, il fenomeno del Fab Lab si sta diffondendo su scala globale, e fonda la sua forza su una filosofia di azione locale attraverso un network internazionale di scambio e conoscenza.

Il fine dei Fab Lab è favorire creatività e DIY (Do It Yourself) attraverso l’accessibilità per tutti alle macchine di fabbricazione digitale nei giorni di apertura alla città; il laboratorio mira a costruire gruppi di interesse intorno a idee e progetti, per alimentare una nuova imprenditorialità che superi le logiche del marketing tradizionale e assuma valenze sociali in unione d’intenti con le istituzioni (Enti, Amministrativi, Università, Scuole, Fondazioni, ecc).

Una caratteristica intrinseca dei Fab Lab è quella di esprimere il carattere del territorio. Così, dopo un anno di esperienza (tenuto conto, oltretutto, che l’Italia è ancora alle prime armi in questo progetto), ecco una prima collaborazione con Parmigiano Reggiano, un progetto per una macchina da caffè realizzata con stampante 3-D, e l’idea di una “valigetta Fab Lab” in collaborazione con Reggio Children. Ma la collaborazione tra Fab Lab e imprese è “virtuosa”, dice Bombardi. “I maker stessi dei prodotti, siano essi esperti o visionari con un’idea ma nessuno strumento per realizzarla, possono arrivare a lanciare una startup”.

Sono proprio i macchinari che il laboratorio mette a disposizione a garantire questo potenziale evolutivo.

La moderna tecnologia delle frese per la scansione e modellazione tridimensionale degli oggetti, dei laser cutter e delle stampanti 3-D consentono la fabbricazione digitale artigianale di un oggetto a costi molto contenuti rispetto al passato.

Laddove questi macchinari non riescono ad arrivare, si torna al buon vecchio olio di gomito e ai comuni utensili per la lavorazione dei materiali.

“L’artigianalità a Reggio eccelle e si somma alla fabbricazione digitale (scambio di byte anziché di materiali). Il digitale permette ai progetti di girare in maniera molto più estesa. La semplicità di lettura dei dati permette di comprendere facilmente un progetto che altrimenti sarebbe molto complesso da capire”, dice Bombardi.

L’approccio è mirato a stimolare nuove forme di creatività da condividere in rete e con un notevole potenziale per l’industria e l’artigianato, una sorta di centro di ricerca informale, o “laboratorio open-source”.

Sono previsti dei workshop aperti al pubblico, attraverso i quali creare gruppi di lavoro trasversali con competenze multiple. Questo permette a ciascun workshop di essere “contaminato” da esperienze diverse.

Bombardi tiene a precisare che la tecnologia è uno strumento, non un fine. “In molti vengono a mostrare i muscoli sulle nostre macchine per farci vedere che hanno già una competenza, ma sono spesso questi stessi individui a beneficiare maggiormente dei nostri programmi e delle idee di coloro che si avvicinano al mondo della manifattura digitale per la prima volta”.

Tra gli eventi più interessanti organizzati dal Fab Lab ci sono gli Idea Challenge, sessioni intensive della durata di un giorno, al termine del quale i partecipanti arrivano a presentare un prototipo finito.

Queste “sfide” sono solitamente organizzate in collaborazione con aziende interessate a esplorare nuove idee di prodotto o nuovi usi per i prodotti esistenti, e possono spaziare dalla meccatronica al food packaging.

Da quando ha aperto al pubblico, il Fab Lab ha saputo attirare diverse collaborazioni, al punto da aver immaginato di espandersi al livello produttivo dei prototipi realizzati al suo interno.

“Il passaparola ha aiutato, e il fatto di offrire accesso libero al nostro know how ha stimolato ulteriormente questa circolazione di voci”. A riguardo, Bombardi descrive coloritamente il livello di popolarità raggiunto nella regione dal Fab Lab: “Come al McDonalds sai dove mangi, al FabLab sai cosa trovare e cosa puoi utilizzare”.

Ecco a voi un assaggio di MIT. Buon appetito a tutti.

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