Seguici
Iscriviti alla nostra newsletter

    Energia: perchè i conti continuano a non tornare

    di Alessandro Ovi 

    Quando verso la fine degli anni Sessanta frequentavo i corsi di Ingegneria Nucleare al Centro Studi Nucleari Enrico Fermi del Politecnico di Milano ci veniva detto che dopo i reattori a fissione, che già alimentavano in Italia ben tre centrali di tre filiere tecnologiche diverse, sarebbero arrivati quelli a fusione che, partendo dall’acqua come materia prima, avrebbero dato accesso a energia praticamente illimitata.

    Così come con i primi erano state messe sotto controllo le reazioni che stavano alla base della bomba atomica, altrettanto con i secondi si sarebbero messe sotto controllo quelle della bomba all’idrogeno.

    Ma la cosa non veniva data per vicina. Ci sarebbero voluti non meno di una trentina d’anni, si diceva.

    Oggi, quarant’anni dopo, si continua a citare il controllo della fusione nucleare come una grande speranza per uscire dalla dipendenza da petrolio, carbone e gas naturale, ritenuti responsabili di pesanti cambiamenti climatici. Ma di nuovo si prevede un uso industriale in un futuro lontano: trenta, forse anche quarant’anni.

    Eppure qualcosa diverso dal bruciare combustibili fossili dobbiamo riuscire a farlo molto prima.

    Dobbiamo farlo non perché esista il rischio che non vi siano abbastanza petrolio, carbone e gas per soddisfare la crescente domanda di energia nel mondo, dove la globalizzazione spinge i consumi energetici dei grandi paesi emergenti verso i livelli di quelli ricchi. Dobbiamo farlo perché non vi è il rischio, ma la certezza che molto prima di vedere la fine dei combustibili fossili avremo scoperto che non c’è più abbastanza aria, abbastanza acqua o abbastanza terra per depositarne le emissioni nocive senza che vengano creati danni irreversibili per il pianeta.

    Eppure, se guardiamo alla destinazione delle spese di ricerca nel campo dell’energia in settori diversi da quello dei combustibili fossili, vediamo che una parte rilevante va proprio verso progetti di studio e sviluppo della fusione nucleare.

    Se prendiamo, per esempio, il VII Programma Quadro, vediamo che all’ insieme di tutte le fonti rinnovabili alle quali la ricerca potrebbe far fare grandi passi avanti nell’arco di dieci anni, viene destinato circa un decimo di quello che va alla fusione, che un risultato pratico lo darà forse tra quaranta anni.

    I conti non tornano. Vale la pena di fare qualche riflessione in più.

    è quello che intendiamo fare a partire da oggi, fornendo anche dati e opinioni importanti sul forum della nostra rivista on line www.technologyreview.it.

    Related Posts
    Total
    0
    Share