Fotovoltaico e accordo di Parigi

L’accordo di Parigi si prefiggeva di fermare il riscaldamento del pianeta sotto i 2° C rispetto ai livelli preindustriali. L’industria del solare potrebbe permettere il conseguimento dell’obbiettivo.

di MIT Technology Review Italia

Mercoledì, in pieno spoglio elettorale, gli Stati Uniti sono formalmente usciti dall’accordo di Parigi, come annunciato da Trump sin dai primi tempi del suo mandato. Convinto che l’accordo mini la crescita economica degli Stati Uniti e la loro competitività sui mercati internazionali, Il presidente Trump sembra aver ceduto ai rivali economici importanti opportunità per lo sviluppo della prossima generazione di tecnologie pulite.

Una delle migliori opzioni per rispettare gli obiettivi climatici di Parigi è il passaggio al consumo di energia rinnovabile utilizzando l’energia solare e altre fonti di energia pulita. Sotto la guida di Pierre J. Verlinden, fondatore della AMROCK Pty, un gruppo di ricercatori dell’American Institute of Physics ha pubblicato su Journal of Renewable and Sustainable Energy un modello che descrive i passi necessari affinché l’industria solare consegua gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

A dispetto dei buoni propositi espressi a Parigi, la temperatura del pianeta minaccia di incrementare di ben 4° C rispetto ai livelli preindustriali. Secondo gli esperti, basta emettere altre 800 gigatonnellate di anidride carbonica per superare il limite dei 2° Celsius. Al ritmo delle attuali 36 gigatonnellate all’anno, abbiamo 35 anni per ridurre a zero le nostre emissioni.

È fondamentale cambiare il modo in cui l’energia viene prodotta e consumata. Una delle applicazioni più promettenti del solare fotovoltaico è alimentare direttamente o indirettamente, attraverso la produzione di idrogeno verde o altri combustibili sintetici, tutti i settori energetici e processi industriali.

Secondo i calcoli di Verlinden, il mondo richiederà, oltre allo sviluppo di altre fonti di energia rinnovabile come l’eolico e l’idroelettrico, una media di 70-80 terawatt di capacità cumulativa fotovoltaica. Si tratta di una capacità di cento volte superiore a quella attuale. “Entro i prossimi 10 anni, l’industria dovrà aumentare il proprio tasso di produzione di circa 30 volte”, ha affermato.

Si tratterebbe di un obiettivo raggiungibile. I progressi tecnologici degli ultimi anni fanno sì che gli investimenti necessari ad aumentare il tasso di produzione (spese in conto capitale per costruire nuove linee di produzione) stiano diminuendo a un tasso del 18% all’anno, grazie a miglioramenti nella produttività e nell’efficenza degli strumenti.

Unico neo, il fattore sostenibilità. Secondo i ricercatori sarebbe fondamentale ridurre l’uso dell’argento nelle celle solari al silicio da circa 29 tonnellate per gigawatt a meno di 5 tonnellate per gigawatt. Verlinden lancia anche un monito: per quanto l’installazione di nuovi impianti entro il 2055 sia possibile con una semplice crescita annuale del tasso di produzione di circa il 15% all’anno, il perseguimento di questo obiettivo si tradurrà in un’industria solare fotovoltaica molto più grande del necessario.

“Questo impatto negativo può essere evitato se in questo momento acceleriamo la crescita durante i prossimi 10 anni e poi stabilizziamo la produzione globale a 3-4 terawatt all’anno”, spiega Verlinden.

Ed è anche possibile che, con una vittoria di Biden alle presidenziali statunitensi ancora in corso, gli Stati Uniti possano ricongiungersi rapidamente all’impegno di preservare, per quanto possibile, il clima del pianeta dagli effetti delle attività industriali umane.

(lo)

Related Posts
Total
0
Share