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L’architettura aveva ceduto alla gestione del software. Così trasformò gli edifici in programmi di costruzione.

di Bruce Sterling

Yuri trascinò i suoi figli via da scuola per guardare il grande robot che distruggeva il motel. Sua moglie aveva preparato un delizioso pranzo al sacco, ma Tommy aveva appena undici anni, era difficile accontentarlo. «Avevi detto che un robot gigante avrebbe fatto saltare in aria quel posto», disse Tommy. «No, figliolo, ho detto che un robot lo avrebbe smantellato», rispose Yuri. «Vai a fare qualche foto per la mamma». Tommy fece dondolare la sua piccola macchina fotografica, saltò in sella alla sua bicicletta di bambù e partì. Yuri spinse pazientemente la bicicletta più piccola di suo figlio minore sull’asfalto illuminato dal sole. Nick, sette anni, stava imparando ad andare in bicicletta. Sua madre lo aveva abbigliato appositamente per l’impresa, così la testa, le ginocchia, i piedi, i polsi e i gomiti erano tutti copiosamente ricoperti di gommapiuma dai colori vivaci. Nick aveva l’aspetto di un personaggio d’azione giapponese fatto di plastica bitorzoluta.

Sotto il cielo cristallino di primavera il robot svettava sul Motel Costa Vista come lo scheletro dalle gambe a pistoni di una enorme stampante. Il riciclatore urbano aveva già velocemente strappato via il tetto del motel. Usando un grazioso accessorio, ne aveva spietatamente rosicchiato i mattoni.

Il Motel Costa Vista era il primo, l’ultimo e l’unico edificio che Yuri Lozano aveva creato da architetto professionista abilitato. Era stato “progettato per lo smontaggio”, molto tempo addietro, nel 2020. Così oggi, circa ventisei anni dopo, Yuri aveva noleggiato il gigantesco robot demolitore per recuperare completamente i materiali del motel: mattoni, materiali di rivestimento fotovoltaici, impianti elettrici, tubazioni di metallo. La struttura stava venendo de-costruita, con indifferente precisione, giù fino ai suoi ultimi, più piccoli, umili cardini.

Mentre guidava pazientemente il barcollante Nick attraverso il parcheggio deserto e coperto di erbacce del motel, la reazione di Yuri di fronte a questo giorno fu di profondo sollievo. Non gli era mai piaciuto il Costa Vista. Mai, dal momento in cui aveva lasciato il suo schermo di progettazione.

Una volta gli era sembrato così ben fatto: sospeso lì, al sicuro dentro il suo schermo. Lui era stato così soddisfatto della purezza spaziale del piano, del modo in cui i volumi in tre dimensioni si assemblavano, del modo ingegnoso in cui la struttura si adattava al sito… Ma gli appaltatori del motel erano stati una massa di incapaci. Peggio ancora, i proprietari erano degli avidi deficienti.

Quindi Yuri era stato costretto a star lì a guardare mentre i suoi piani generali digitali venivano crudelmente raffazzonati per mano della dura realtà. Materiali scadenti, inconsistenti. Progettazione dei giardini di infimo livello. Segnaletica di cattivo gusto. Arredamento interno antiquato. Persino il nome “Costa Vista” era una scelta stupida per un motel su una interstatale nel Michigan.

Yuri aveva tratto un gran beneficio da questa dolorosa esperienza: aveva smesso di chiamarsi “architetto”. Dopo l’umiliazione al Costa Vista, aveva mollato il suo ego creativo e condiviso la sorte con l’inevitabile.

Si era unito alla generale rivoluzione contro ogni aspetto del business di costruzione-architettura-ingegneria. Il “Next Web”. Il “Geo-Web”. “Ubiquity”. “The Internet of Things”. Aveva cento nomi poiché aveva mietuto un migliaio di vittime, dal momento che l’Internet vecchio stile si era liberata per invadere il mondo degli atomi. Non solo certi aspetti della dura realtà, proprio tutto.

I progetti degli architetti furono la prima frontiera a cadere sotto la gestione globale del software. Anche l’ingegneria strutturista sarebbe andata. Poi la costruzione: gli scambi commerciali, i fornitori… . Poi ancora il business immobiliare, gli impianti idraulici ed elettrici, i flussi di energia, le connessioni alle reti di distribuzione della città e il settore finanziario, l’infittirsi di norme in materia di sostenibilità nel XXI secolo: sì, tutto si sarebbe digitalizzato. Ogni cosa. “Gestione totale della costruzione del ciclo di vita”. La gente non cablava più le case, “ospitava la rete”.

Oggi, nell’imperturbabile e pratico decennio del 2040, Yuri si definiva l'”amministratore di sistema – direttore generale” della “Rete di Costruzioni Lozano”. L’impresa di Yuri prosperava; aveva più lavoro di quanto lui e i suoi addetti potessero gestire. Si era posizionato nel mercato più proficuo del momento. Non appena si ritagliava un giorno libero per trascorrerlo con i suoi due figli, una rete in continua espansione avvertiva la sua assenza e tremava dappertutto.

La Rete di Costruzioni Lozano stava smantellando i sobborghi ormai senza vita del Midwest e costruendo centinaia di edifici digitali sostenibili. Questo era il lavoro del mondo moderno.

Yuri conosceva quel sistema: la sua forza colossale e le sue numerose incrinature, mancanze e debolezze.

Yuri sapeva anche che gli edifici dati in appalto alla sua compagnia erano uno schifo.

Il 90 per cento di tutti gli edifici era sempre uno schifo. Questo perché il 90 per cento della gente non aveva gusto. Yuri lo aveva capito; aveva quasi accettato questa cosa. Ma ancora gli bruciava, gli faceva male e lo tormentava il pensiero di non aver mai costruito qualcosa che meritasse di durare.

La Rete di Costruzioni Lozano non creava begli edifici. Rappresentava, con esempi concreti, beni rifugio astratti. La massa di prodotti immobiliari falsificati, ordinari e buoni per il grande pubblico, che sorgevano dalla sua rete, non era “architettura”. Si poteva meglio descrivere come un “facsimile”.

Vedere quell’edificio venire smantellato in questo dolce mattino primaverile gli ricordò che la sua vita non era sempre stata così. Negli anni della sua dolce primavera, Yuri aveva sognato di creare classici. Aveva sognato strutture che avrebbero svettato sulla superficie del pianeta come sfrontati, splendenti simboli di eccellenza.

Yuri non aveva mai costruito niente di simile. Stava cominciando a rendersi conto, con una dolorosa stretta al cuore tipica della mezza età, che non lo avrebbe mai fatto.

Guardando il motel Costa Vista sparire senza lasciare traccia, no, non poteva definirsi triste. Si sentiva sollevato e libero. Sacrificata la gloria, poteva almeno cancellare la vergogna.

Tommy, sempre pieno di energia, aveva pedalato tutto intorno al funestato motel. Da qualche parte il ragazzino aveva abbandonato il suo casco. «Guarda, papà, perché non lo fai semplicemente esplodere? Con quel grosso stupido robot che lo spizzica, ci metteremo tutto il giorno!»

«Abbiamo tutto il giorno», Yuri rispose serenamente. «Stasera portiamo i martelli pneumatici».

Tommy si spostò i capelli dagli occhi illuminati di entusiasmo. «Martelli pneumatici, papà? Posso toccare i grossi martelli pneumatici?»

«Forse, figliolo. Se non lo dici alla mamma».

Nick gridò, geloso della sua attenzione. «Dai papà! Spingi la bicicletta, spingila papà!», Nick era il più fragile e il più sveglio dei due bambini. Sua madre lo adorava.

Yuri si aggiustò i pantaloni e spinse la bicicletta di Nick. Il ragazzino aveva quasi imparato. Yuri lo lasciò segretamente andare.

Nick pedalò via in modo mirabile, con i suoi piedi imbottiti impazienti sui pedali. Poi perse l’equilibrio. Vacillò, barcollando in un disperato sforzo. Infine cadde.

Tommy girava intorno al fratello caduto, suonando derisoriamente il campanello della sua bicicletta. «Alzati, imbranato, fallito!»

Yuri si chinò e districò Nick dall’intelaiatura color confetto. «Sbaglia presto, sbaglia spesso, Nick. Non ti sei fatto male».

«Non mi sono fatto male», Nick concordò tristemente.

«Un giro in un parcheggio è solo un prototipo. Torna in sella».

Nick era titubante e scrutava il volto di Yuri. «Sei triste papà? Sembri triste».

«Non sono triste, figliolo».

«Non imparerò mai ad andare in bicicletta. Non è vero?»

«Sì, figliolo, imparerai! Andrai benissimo su questa bicicletta! La bicicletta è il mezzo di trasporto più efficace al mondo! E questa bicicletta darà a te, Nicholas Lozano, un potere enormemente maggiore per muoverti nello spazio urbano!».

Nick rimase decisamente colpito. Montò di nuovo sulla sua bici.

«Nick, stai imparando molto più velocemente di tuo fratello. Non dire a Tommy che te l’ho detto».

«Sì, certo papà! Va bene! Spingimi adesso!»

Tommy tornò di corsa indietro e slittò arrestandosi all’improvviso, il suo volto lentigginoso era impallidito. Allungò il braccio. «Papà, sta venendo la mamma! E ha portato zia Carmen!»

Yuri lanciò uno sguardo dall’altra parte del parcheggio. La terribile notizia di Tommy era vera.

Tommy aveva il fiatone. «Siamo in guai grossi, papà?»

«è meglio che lasci gestire questa cosa a me».

La moglie e la cognata di Yuri fluttuarono verso di lui su due Segway gemelli. Come il loro famoso padre, le sorelle Roebel avevano l’ossessione dei Segway. Dopo quarantacinque anni di utilizzazione di nicchia, quelle ingegnose macchine avevano raggiunto un certo fascino d’epoca, come la monorotaia e il Graf Zeppelin.

Non era da Gretchen arrivare così quando lui si prendeva del tempo per dedicarsi ai bambini. Al contrario: quando i bambini non erano tra i piedi, Gretchen si concedeva un bagno caldo profumato e navigava nei siti dell’alta società.

E Carmen era lì con lei, arrivata dalla lontana San Francisco. Carmen, che arriva senza preavviso? Carmen? Nessuno era mai riuscito a fare alcunché con Carmen.

Il Segway si fermò oscillando dolcemente sul posto e il viso tirato di sua moglie era l’immagine del dolore. «O, amore, è successo il peggio».

«è morto qualcuno?»

«No, no» si lamentò Carmen. «Mio padre ha una nuova grossa commissione!»

Quelli che erano più vicini a François Roebel erano un mucchio di persone convulsamente infelici. Perché François Roebel era un gran maestro dell’architettura computerizzata.

Roebel era uno degli architetti più importanti a livello mondiale, aveva costretto la progettazione in digitale a parlare il suo proprio linguaggio estetico: pregnante, autentico, sinfonico. Gli edifici che portavano la sua firma erano qualcosa di mai visto prima sul pianeta Terra. Facevano apparire il lavoro di Gehry e Calatrava come una prova costumi.

Roebel era di per sé un piccolo fanatico di informatica baffuto, un po’ strabico e sempre brillo. Aveva un ego grande quanto la Rocca di Gibilterra ed era noto per il suo spendere ben al di sopra delle proprie possibilità, per il suo andare freneticamente a donne, i suoi impeti di collera e i suoi improvvisi viaggi in Indonesia.

Alcune persone immaginavano che lui, Yuri Lozano, avesse sposato Gretchen Roebel allo scopo di avvicinarsi al suo famoso padre architetto. La verità era esattamente all’opposto: aveva sposato Gretchen per allontanarla da Roebel. Strappare Gretchen alla sua famiglia disfunzionale era come tirare una giovane donna fuori da un’auto in fiamme.

Yuri non aveva rimpianti circa il suo ardito intervento. Gretchen lo amava e, inoltre, lo spaventoso esempio di Carmen aveva pienamente confermato la sua scelta. Carmen non era mai fuggita dall’orbita del buco nero di Roebel, che era sempre stato il centro del suo proprio universo privato. Così, la povera Carmen era diventata esattamente come sua madre negli ultimi anni: una mistica funesta, servile, con le mani in costante agitazione e la testa fra le nuvole.

Per Fraçois Roebel, lo spazio di progettazione architettonica era un terreno oscuro e temibile. Era la dura arena di incubi aggressivi, il regno di infinite ramificate rientranze, sporgenze, torsioni, deformazioni, rampe riflesse e passaggi segreti. Sempre l’eroe nella sua stessa testa, Roebel spingeva implacabilmente il software di progettazione oltre ogni ragionevole limite, facendo febbrilmente apparire, come per magia, delle strutture e poi portandole con la forza alla cruda esistenza fisica, attraverso un susseguirsi di azioni legali e scandali.

Roebel aveva vissuto per decenni al limite fra virtuale e reale, dove spettri senza precedenti, che torbidamente crescevano nel suo schermo, diventavano favolose vetrine urbane pronte a stupire e confondere i passanti. Considerata l’ingegneria folle che li aveva prodotti, avrebbero potuto anche affusolare e mutilare i loro inquilini, le conseguenze della sua arte sugli altri non avevano mai preoccupato il grande uomo.

Per Roebel, chiunque si accontentasse di meno del follemente grandioso era un traditore da fustigare senza pietà. Roebel si creava nemici come l’uomo comune si preparava i popcorn.

Yuri prese un treno per San Francisco per rendere visita al gran maestro. Gli ci vollero due giorni per arrivare alla porta di Roebel.

Roebel, come era sua abitudine, ne fu decisamente irritato.

«Dove diavolo è Carmen?» strillò Roebel. «Non faccio un pasto decente da cinque giorni! Carmen sta cercando di farmi morire di fame!»

Il vecchio visionario, sempre pelle e ossa, sembrava ormai proprio un ragno: era dimagrito così tanto che si era ridotto a un grafico vettoriale.

«Oh, i nipoti adorano ricevere visite dalla loro zia preferita», Yuri mentì galantemente.

«Io sono l’ultimo supremo architetto! Io sono l’ultimo esemplare di una razza in via di estinzione!» disse con voce stridula Roebel. «E tu non potevi venire in aereo?».

«Avevo bisogno di un po’ di tempo sul treno per cancellare i miei programmi di costruzione in agenda», sparò Yuri. Yuri accettava sempre di “aiutare” Roebel con i suoi progetti. C’era poco da fare. Prima o poi i clienti di Roebel si rendevano sempre conto che Roebel era diventato impossibile.

Il genio poteva essere assecondato, ma solo quando le sue brucianti ossessioni venivano incanalate lungo un percorso stretto e diretto.

Perciò Yuri trascinò rumorosamente una sedia di metallo sul cemento spoglio del polveroso studio-garage di Roebel. Si sistemò davanti alla leggendaria stazione di lavoro personale dell’architetto, sollevò un ginocchio e vi incrociò le dita sopra. «Dunque, François, eccomi finalmente. Mostrami semplicemente quello che hai. Vediamo tutti i bozzetti dei prototipi!»

Roebel lo raggiunse barcollando, si arrotolò le maniche di lino blu sugli avambracci stecchiti, ricoperti di macchie di fegato, e controvoglia infilò la mano in un mucchio di lattine di bevande energizzanti vuote. Tirò fuori una periferica giocattolo dozzinale. Era una cuffia auricolare di plastica a zucchetto, piuttosto scolorita dal tempo. «Sono sicuro che non ne hai mai visto una».

«Dimmi tutto su quella cosa».

Roebel raddrizzò le spalle in maniera regale. «Sto facendo uno schizzo utilizzando ClearWorks attraverso questa cuffia corticale-cognitiva!»

Yuri si schiarì la voce. «Stai progettando in ClearWorks? Con una specie di aggeggio che legge il cervello?»

«ClearWorks è il programma di progettazione migliore che sia stato mai creato!»

«François, ClearWorks è di trenta anni fa». Roebel sarebbe meglio equipaggiato con matite e un set di blocchi da disegno per bambini.

«Beh, perché diavolo sei qui?», urlò Roebel. «Ho bisogno che tu faccia interagire ClearWorks con quella oscena balla che la tua banda di ladri chiama software!» Roebel stava respirando affannosamente. «Quei cosiddetti ‘attrezzi’ che voi usate: non puoi trapanare un solo buco in una trave senza utilizzare quaranta moduli di sicurezza incrociati!»

«Se sta avendo problemi con il suo sistema, sarò contento di dargli un’occhiata». Yuri fece schioccare le chiusure cromate della sua borsa a tracolla di cuoio marocchino. «Ho portato un po’ della più avanzata diagnostica nel laptop».

«Metti via quello stupido giocattolo, so che sei fissato col software!», ringhiò Roebel. «ClearWorks è architettura! Perché è architettura software creata da un architetto dell’informatica!»

«Non vedo ClearWorks da quando ho terminato gli studi al college» disse Yuri. «Può interagire con codici legali attuali?»

«Ci mancano solo i tuoi legali!»

Ottenuta la sua risposta, Yuri ricambiò con un sorriso smagliante. «Ho sempre amato questa audacia, François! Spari il suo programma: diamogli una bella occhiata!»

Scoperto il suo bluff, Roebel premette riluttante il pulsante di metallo a forma di losanga dello Start sul suo computer da tavolo. Roebel usava ancora una postazione di lavoro CAD speciale. Il computer scolorito, con il suo involucro sbiadito dall’acetone e la tastiera consumata, aveva un aspetto da militante, sussiegoso, del tipo guardate-quanto-sono-ciber. La stazione di lavoro di Roebel sembrava adatta a riprogettare l’intera Via Lattea, sebbene, a dire il vero, aveva circa il 10 per cento della capacità di elaborazione di un moderno orologio da polso usa-e-getta per ragazzini.

«Sistemi di protezione dei dati dell’utente e formati di proprietà riservata», mormorò Roebel, con la sua voce gutturale da vecchio che si accordava con l’antico grugnito dell’usurato hard disk della sua stazione di lavoro. «Quelle teste di legno da due soldi nei canali di distribuzione, loro non ti mostrerebbero neanche il contratto di autorizzazione di utilizzatore finale».

L’arcaico tubo a vuoto tremolava mentre la stazione di lavoro faceva fatica ad avviarsi. «E cosa diamine è successo alla gente?», brontolò Roebel, evitando di incrociare lo sguardo di Yuri. «Le banche, i sindacati, i professionisti, ogni settore del governo… si sono tutti sciolti in un’unica enorme massa di fango software! Niente più giganti creativi… sono tutti scimmie a carica da quattro soldi, in un mondo folle che diventa ogni giorno più interattivo!»

«Mi parli del suo cliente», disse Yuri, cercando di cambiare argomento.

Roebel rispose con un giallognolo sorriso malizioso: «La Chiesa della Simbiosi».

«Le stanno commissionando un altro tempio? è una magnifica notizia», disse Yuri. Sentendosi mancare.

La Chiesa della Simbiosi… poteva andare peggio di così? François Roebel era l’immagine dell’equilibrio rispetto ai suoi clienti preferiti.

La Chiesa della Simbiosi Computer-Essere Umano era un vecchio gruppo di bisbetici hacker californiani che avevano ereditato la grossa fortuna di una società di software sociale scomparsa. Erano stati a lungo i mecenati ideali di Roebel, perché erano meravigliosamente ricchi, pronti a perdonare qualsiasi cosa e privi di giudizio.

Nel corso dei decenni, Roebel aveva costruito per il loro culto un magnifico insieme di chiese monumentali. I suoi templi costituivano il massimo del glamour architettonico; patinati libri fotografici dedicati a loro pesavano sui tavolini da salotto dei sei continenti.

Nessuno aveva mai preso parte a servizi religiosi nelle stupefacenti chiese che Roebel aveva costruito, perché quel culto era troppo folle e spaventoso. Inoltre, i tetti perdevano acqua e niente funzionava bene. Tuttavia, ai seguaci del culto ciò non importava molto. Loro erano serenamente indifferenti a simili preoccupazioni terrene, dal momento che trascorrevano la maggior parte della loro vita da svegli praticando giochi di simulazione immersivi.

Roebel armeggiava inutilmente con la tastiera. Lo schermo di vetro era vuoto.

«Partirà a momenti», mentì. «Il sistema sta facendo un po’ i capricci».

La pietà stava tormentando Yuri. La pietà era un sentimento pericoloso in presenza del gran maestro, ma Yuri non poteva farci niente. Anno dopo anno Roebel aveva perso così tanto. Il suo ufficio di lusso in centro, i membri del suo staff, i contatti finanziari, gli ingegneri e i subappaltatori. Roebel ancora lavorava – quando lavorava – con quel vecchio sistema CAD progettato per costruire caccia bombardieri francesi.

Lo schermo brillò debolmente. «Ecco che parte», emise un gridolino di gioia, come se lo sforzo del computer avesse portato a qualcosa. «Devo solo allacciare le cuffie. Più tardi».

Cos’era successo al vecchio? Normalmente avrebbe prodotto un violento ciclone di schemi e concetti sconclusionati, uno meno realizzabile praticamente dell’altro.

Yuri non sapeva se questo vuoto opprimente significava per lui un disastro o una liberazione. In ogni caso, provò sincero sgomento.

«François, ho un presentimento molto positivo circa la sua nuova commissione. Avremo un sacco di lavoro con i problemi relativi all’interoperazione, ma almeno abbiamo un cliente è che conforme ai suoi scopi».

Roebel gli lanciò un’occhiata di traverso. «Non mi inganni affatto, lo sai».

«Scusi?»

Roebel gettò via le cuffie e abbandonò la tastiera. «Lascia perdere quel tuo stupido lusingarmi! Parli come un agente immobiliare! Sei scappato con mia figlia, e quella è l’ultima cosa che hai fatto che richiedesse fegato! Non ti elevi mai, ragazzo! Sei come un maiale nel fango!»

«Lasciamo perdere questa discussione», disse Yuri. «Chiamiamo piuttosto Gretchen adesso, e i nipotini, laggiù nel Michigan. Si chiederanno come stiano andando le cose qui, lei non ci chiama mai, lo sa».

«Un ragazzino di dodici anni e uno di otto».

«I bambini ne hanno undici e sette».

«Stavo pensando al futuro. Ti sembra forse che io voglia fare da balia ai tuoi figli? Ho appena ricevuto una importante commissione! ‘Laggiù nel Michigan’, al diavolo il vostro Michigan. Lì non c’è altro che foresta! Puoi sentire i grilli cinguettare a Flint, Saginaw e Grand Rapids! I vostri figli sono come due piccoli giocatori di baseball disegnati da Norman Rockwell! E Gretchen… Gretchen non si fa mai viva qui! Dove diavolo è, sta ancora riordinando le sue spezie sullo scaffale?».

«Gretchen si occupa della rete quando io non ci sono. Ha un talento per le fatturazioni e la contabilità.

«Quello non è un ‘talento’, stupido! So che capisci cosa è veramente in gioco qui! Ti ho insegnato architettura quando non eri altro che un ragazzino di campagna del Kentucky che gironzolava per il mio ufficio come un’anima in pena! E a proposito di anime in pena, dove diavolo è Preston? Ho detto a Preston di raggiungerci qui mezz’ora fa!».

Preston Mengies era un critico di architettura che un tempo era stato il curatore delle pubbliche relazioni nell’ufficio di San Francisco di Roebel. Aveva zelantemente gonfiato la reputazione di Roebel in tutto il mondo, finché la sua relazione, destinata a fallire, con l’inguaribilmente instabile Carmen Roebel rese il suo lavoro impossibile.

Nonostante tutto ciò che Preston aveva subìto dal vecchio, arrivò. Aveva pedalato fino a lì dal quartiere di South of Market e aveva pensato bene di portare del cibo cinese.

Yuri si dispiacque quando lo vide. Preston Mengies una volta era un tipo molto sveglio e sciolto: un sarcastico tipetto un po’ strano, a dire il vero, ma uno spasso.

Tuttavia, in seguito al suo lungo coinvolgimento con Roebel, era diventato logoro, emaciato, miope e malconcio.

Attualmente Preston trascorreva le sue ore solitarie curando siti Web di architettura. Rimuoveva coraggiosamente gli stupidi commenti in voga e cercava di risvegliare un interesse più intelligente sulle dottrine del movimento Arts & Crafts, del Futurismo, del movimento moderno e quello post-moderno, del Nuovo Urbanesimo.

Quelli erano stili architettonici che persone da tempo dimenticate avevano creato con carta e matite. Nessun individuo appartenente al XXI secolo era in grado di distinguere queste semplici nozioni di base fra loro. Eppure, certamente c’era qualche critico che nutriva un vivo interesse in simili fioriture del genio umano, e certamente si trattava di un ossessionato trasandato come Preston Mengies.

Roebel sorseggiò e guardò con cipiglio la zuppa agro-piccante, ma aveva chiaramente perso il filo del discorso. Tutto quello che il vecchio sapeva fare era parlare con veemenza e rancore di “legali”, “truffatori” e “frode bancaria”. Le richieste del cliente lo avevano colto impreparato. Quando se ne andò barcollando per il suo solito pisolino pomeridiano, fu un sollievo per tutti.

Lasciò Yuri e Preston a raffazzonare qualcosa per la visita imminente del cliente.

«Come stanno i bambini?», azzardò Preston, che non aveva mai avuto figli.

«I bambini stanno entrambi benissimo, grazie».

«Sono bambini normali?», chiese Preston, gettandogli una rapida occhiata di traverso.

«Oh, sì, sono bambini completamente normali», disse Yuri. «Per niente come il maestro qui; sono rientrati nel consorzio genetico universale».

Preston si illuminò a questa battuta spiritosa; era un critico, per cui un po’ di sarcasmo pungente lo tirava sempre su di morale. Ruminava la sua porzione ormai fredda di tagliolini, gamberi e verdure e indicava la stazione di lavoro con le sue bacchette di plastica scadente. «Ti ha chiesto di toccare quel dinosauro? Io sicuro non toccherei quel rottame se fossi in te».

«Perché, Preston?»

«Sai che sta cercando di correggere quel fossile di programma secondo gli standard moderni e, pur di fare tutto a modo suo, alla faccia dell’intera industria edilizia? Beh, alla fine ha mandato tutto all’aria. Ha perso una quantità di dati enorme, di grossa portata. Nessuna possibilità di aggiornamento. E nessuna possibilità di recupero. è completamente nei guai ora. è nel fango fino al collo a causa del codice defunto».

Yuri masticava un involtino fritto ripieno di luccicante tofu californiano. «Sosteneva di stare progettando in ClearWorks. Io non ci potevo semplicemente credere».

«Nessuno usa ClearWorks», disse con tono di scherno Preston. «è la più grande piattaforma di progettazione mai creata, ma nessun professionista moderno potrebbe usarla. Non può interoperare con altre discipline».

«E le cose stanno anche peggio», ammise Yuri. «Nel Midwest noi in effetti interoperiamo, per cui siamo diventati tutte le altre discipline. Non appena ho lasciato perdere l”architettura’ e ho ammesso che stavo semplicemente amministrando software, beh… un po’ alla volta, ho preso il controllo del sito, della struttura, del rivestimento dell’edificio, di tutti i servizi. Noi effettuiamo la pianificazione dello spazio; vendiamo persino il mobilio al dettaglio. Ma non facciamo mai gli architetti. Per niente. Facciamo gli agenti immobiliari, arredamento d’interni, contratti di appalto per consulenze in materia scientifico-tecnologica, pianificazione di giardini, impianti idraulici, elettrici… siamo la Rete».

Yuri intrecciò le mani. «E tutto con un codice derivato da scarti rimescolati! Tutto! Tutti quei programmi si odiano a morte tra loro! Trascorro il 90 per cento del tempo a lavorare come un impiegato addetto al software!»

«Quindi, sostanzialmente, non progetti mai e non crei mai. Semplicemente interoperi».

Yuri considerò questa triste valutazione. «Beh, sì, è più o meno così.

Preston si animò sull’argomento. «Ma devi farlo. Perché c’è una resistenza al taglio in tutti quei diversi strati di software. è una questione di vortici, e mulinelli, e brevi scatti di energia finanziaria. E l’arte dell’architettura ha venduto l’anima per poter sopravvivere lì.

Yuri mise da parte una sagoma di cartone di filetti di pollo e funghi. «Posso farti una domanda? Presto dovrò tenere un importante discorso presso il Comitato di Controllo del Design di Milwaukee…».

«Quanto è lungo il discorso?».

«Un’ora intera. Uno di quei grossi pranzi seguiti da discorso. Mamma, li odio».

«Quanti invitati?»

«Non saprei: sette, ottocento. Tipici fannulloni del settore».

«Potresti darmi mille dollari per scrivertelo?»

Yuri batté le palpebre un attimo. «Sì, certo, va bene».

Quella somma era una miseria, ma erano chiaramente più liquidi di quanti Preston avesse visto da un po’, poiché si raddrizzò sulla sua sedia d’acciaio e sembrò ritrovare l’appetito. «Beh, c’è una consolazione in tutto ciò. Roebel non farà più un edificio».

Yuri rise. «Oh, certo, tutti continuano a dirlo, ma lui continua a sorprenderli. Quel vecchio meschino ci seppellirà tutti! Camperà fino a novanta anni!»

«Roebel ha novanta anni».

Yuri fece un rapido calcolo mentale. «Accidenti, dove va il tempo?»

Preston afferrò una lattina vuota dalla scrivania. «Questo è tutto ciò che mangia ora: queste bevande vitaminiche. Carmen lo ha trascinato in un paio di cliniche lo scorso anno. Gli hanno dato un’occhiata e se ne sono lavati le mani. Non so come fa a reggersi in piedi. Continua a campare per puro dispetto».

Yuri considerò questa deprimente diagnosi. Sì, François era diventato particolarmente scarno e intermittente, persino per essere François. C’era stato un piccolo lampo in cui era tornato acuto come il suo solito, ma… nessun bozzetto di prototipo? François Roebel era da bozzetto di prototipo al 110 per cento. «Forse il lampo si è finalmente spento».

«Già, ‘il pozzo si è prosciugato’. è quello che dice Carmen. Aggiungici il grosso disastro col software, e…» Preston batté le mani. «Ecco, Game Over per Pac-Man».

«Carmen è venuta a trovarci. Sembra piuttosto sconvolta da tutto ci».

Carmen Roebel era sempre sconvolta – Carmen era la Regina dello Sconvolgimento – ma Preston prese male la notizia. Gli fece venire il prurito dappertutto e digrignare i denti. Il povero ragazzo era ancora disperatamente innamorato di Carmen. Era una scena pietosa.

«è piena di debiti fino al collo», disse Preston. «Te lo ha detto?»

In realtà, Carmen aveva prontamente chiesto a Yuri un prestito. Ciascun membro della estesa famiglia Roebel aveva chiesto prestiti a Yuri. Era arrivato a considerarlo un costo base del suo business, una specie di donazione aziendale per una squadra di Serie B.

Yuri sospirò. «Non credo che François scriverà il suo testamento mettendo i suoi affari a posto».

«François non lascerebbe neanche un centesimo a Carmen! Se avesse un centesimo, lo donerebbe al Fondo di Commemorazione Perpetua di François Roebel», Preston scosse la testa. «Dopo tutti questi anni, siamo venuti al dunque! Quei matti della chiesa arriveranno presto… Vogliono vedere la sua proposta. Lui accenderà quella reliquia là e mostrerà loro uno schermo pieno di neve».

Un silenzio vuoto scese sulla tana di ragno che era l’ufficio di Roebel e da qualche parte si udì lo stridio di un gabbiano.

Yuri non era più un architetto – in realtà, non lo era probabilmente mai stato – ma aveva trascorso la sua intera vita da adulto cercando di dissimulare le forti contraddizioni fra complessi sistemi di software.

Doveva esserci una via d’uscita da qualche parte per una situazione critica come questa.

«Preston, so che non è molto onesto, ma se mostrassi loro qualcosa dagli archivi del vecchio? Deve avere dozzine di progetti non realizzati. Sicuramente quei pagliacci non saprebbero comunque riconoscere la differenza».

«Il vecchio ha venduto i suoi archivi a quei pagliacci. Gli ha venduto tutti i suoi file tre anni fa. E la chiesa li ha pure pagati a peso d’oro. Li conservano tutti in un bunker a prova di bomba da qualche parte».

Come, dove e perché i computer consentivano a dei pazzi fanatici di fare così tanti soldi? Si chiedeva Yuri. Il mondo ne aveva mai beneficiato? Seminare computer per il mondo era come spargervi sopra la polvere magica della follia pura.

Preston aveva l’aria sfacciata di un ragazzo che stesse facendo qualcosa di molto stupido per la donna che amava. «Ascolta, Yuri, a te questa storia deve sembrare molto semplice. Il vecchio perde la sua commissione: e allora? A te le cose vanno benissimo lì nella Rust Belt (Fascia della ruggine). Dal momento che sei nel settore della rottamazione, potresti passare il resto della tua vita a demolire tutta la città di Detroit. Ma Carmen ha bisogno del suo onorario. Non sa più cosa fare».

Povero Preston. Se solo trovasse il coraggio di abbandonare i suoi sogni da idealista e agisse concretamente! Rimprovera semplicemente il vecchio, dai una botta in testa alla ragazza, buttala nel portabagagli della macchina e guida oltre il confine!

Ma ci voleva una certa rozza mancanza di savoir faire per fare qualcosa di così brusco, immediato, utile e misogino. Quella linea di condotta essenziale aveva funzionato per Yuri, ma Preston aveva una sensibilità più nobile e raffinata.

Il risvolto dei pantaloni di Preston era malamente logoro. Questo piccolo dettaglio fu in qualche modo lo spunto per Yuri.

«Va bene», disse, raddrizzandosi, «ora ti dico cosa faremo. Lancerò ClearWorks e faremo bella mostra del programma. Quando il vecchio torna dal suo pisolino, lo impressionerò con qualcosa».

Preston si grattò la testa calva. «Pensi davvero di poterci riuscire?»

«Sì. So che ce la posso fare. Io ero il suo allievo più brillante una volta. è piuttosto facile con François. Fai solo qualcosa di molto chiaro e semplice o ovvio. Poi lui si entusiasma e ti rimprovera aspramente. Non può fare a meno di prendere il controllo del lavoro e rifarlo tutto da sé. Quindi: se mai questo rottame funzionerà, beh, noi due creeremo un prototipo di progetto. Non deve essere per forza il Taj Mahal perché lui lo mostri al suo cliente preferito».

Preston non aveva un piano migliore da offrire. Lasciò Yuri in pace con la macchina.

Yuri accese la workstation e si sistemò.

Appena vide l’interfaccia di ClearWorks, sentì una scossa di profonda nostalgia. Già, lì stava girando veramente ClearWorks! Non era uno scherzo!

ClearWorks consisteva in una semplice schermata bianca con un paio di piccole icone quasi invisibili nell’angolo in alto a destra. ClearWorks era così interamente chiaro da sembrare del tutto assurdo. Paragonato alle interfacce di lavoro di Yuri nel settore dell’edilizia moderno, ClearWorks era un alieno.

Dove erano le tante barre degli strumenti, i template (contenuto grafico delle pagine del sito), i menu, i quadri dinamici, i sistemi di aggiornamento automatico, i quadri di dialogo, le widget (mini-applicazioni che permettono di compiere operazioni comuni e di reperire informazioni velocemente), i dashboard (punti di accesso alle widget), i rivelatori di collisione e i tag (marcatori che definiscono una pagina html). Dove era la confusione di contatori, indicatori, campanelli e lampeggiatori?

ClearWorks era un vuoto. Una innocenza cristallina, lucente. ClearWorks era bianco-perla e vacuo come l’interno di un cranio.

Il mouse del programma, o meglio quel bastone di comando trasportato dall’aria, stava sulla stazione di lavoro di Roebel. Quando i polpastrelli di Yuri afferrarono le familiari sporgenze del bastone, il programma gli apparve e lo sentì come se solo ieri fosse uscito dal college.

Spazio e forma. Yuri si stava muovendo attraverso gli strati di spazio e forma. Attraverso la sollecitazione di torsione di quel bastone poteva in effetti sentire lo spazio: la compattezza dello spazio, le proporzioni dello spazio. L’ordine e la giustezza della spazialità pianificata. La geometria tagliava i pannelli bianchi della simulazione come un bianco coltello di ceramica attraverso del formaggio bianco candido.

ClearWorks faceva bene solo una cosa: creava la forma. Non creava altro che forma. ClearWorks era un mondo in cui esisteva solo forma.

Yuri si ricordò che ClearWorks era stato programmato da un solo ragazzo. Era il frutto del lavoro cerebrale di un solo fanatico di informatica, un avvelenato dissidente dall’iniziale business del CAD. Il nome di questo genio solitario era Greg Qualcosa, o Bob Qualcosa, o Jim Qualcosa, ed era il classico tipo arrogante, che si auto-elogiava, decisamente non sofisticato, con barba stile Unix da genio del software, che voleva creare un universo programmatico tutto da sé.

Greg-Jim-Bob non era mai riuscito in quella impresa, ma era riuscito a creare ClearWorks. Quel programma era diventato una leggenda fra i suoi utenti. Tutti i conoscitori e i gli esperti di digitale e progettazione facevano a gara nel cantare le lodi di ClearWorks. Naturalmente, nessuno in effetti lo usava. Se avessi dato alla gente gli strumenti perfetti per il loro lavoro, non avrebbero dovuto far altro che il proprio lavoro.

Il grande segreto della rivoluzione della rete era che connetteva tutti e quindi portava tutti a fare i lavori di tutti gli altri.

Yuri ebbe come una scossa quando capì che ClearWorks non interoperava. No. ClearWorks non si connetteva neanche a Internet. ClearWorks era un singolo strumento per una singola mente umana. Non vi erano dispositivi per la ricerca di altri utenti o per la collaborazione open-source, nessun “se ci sono abbastanza occhi tutti i bachi diventano evidenti” (teorema di Linus, di Eric S. Raymond, ndr)… nessun software che fornisse funzionalità aggiuntive né che servisse a espandere le funzionalità del programma, nessuna interfaccia per la programmazione di applicazioni aperte.

ClearWorks era un semplice spazio, lasciato del tutto in bianco, per l’immaginazione.

Yuri non poteva credere che il programma non fosse che una scatola di sabbia per i giochi dei bambini. Ricordava di essersi confrontato con ClearWorks da studente. All’epoca gli era sembrato che il programma fosse incredibilmente avanzato: era cosmico, infinito, grandioso.

Come aveva fatto ClearWorks a diventare una simile giocattolo da niente?

Yuri scosse la testa e richiamò alla mente il suo scopo. Il compito era di ideare una qualche proposta di prototipo per il tempio di François Roebel. Il maestro sarebbe potuto tornare dal suo pisolino da un momento all’altro, e Yuri doveva mostrargli qualcosa che di sicuro attirasse la sua attenzione.

Al diavolo, qualsiasi pastiche doveva cominciare da qualche parte: dal Rettangolo Aureo (un rettangolo le cui proporzioni sono basate sulla proporzione aurea. Ciò significa che il rapporto fra il lato maggiore e quello minore, a : b, è identico a quello fra il lato minore e il segmento ottenuto sottraendo quest’ ultimo dal lato maggiore b : a-b (il che implica che entrambi i rapporti siano ? ? 1,618, ndr). Sempre una buona scelta: non sembrava mai fuori luogo, non importa come lo si usava.

Ed eccolo lì, il buon vecchio Rettangolo Aureo, e poi: boom…questa era la più antica e pura gioia della progettazione al computer: la replica senza sforzo. Yuri afferrò la sua bacchetta: aggiungi una variazione a quella serie, una cosa del tipo frattale a corna di ariete…

Cosa farebbe il maestro? Beh, farebbe qualcosa di assurdo che tuttavia apparirebbe misteriosamente necessario. Poiché nonostante le sue tante stranezze, Roebel era il vero mago delle rubriche di assemblaggio: “Le parti hanno origine delle regole, mentre le regole hanno origine dalle parti”.

Inserisci una volta a botte. A chi non piacciono le volte a botte? Specialmente le volte a botte che si intersecano. Volte a botte multiple che si intersecano.

Yuri si perse nei suoi pensieri. Dimenticò il suo scopo; dimenticò dove si trovava. La sedia svanì e lo schermo evaporò. Yuri si tuffò nella pura potenzialità, senza preoccupazioni, libero, si stava semplicemente divertendo…

Finché non realizzò che a Roebel non sarebbe importato molto di questo progetto. Il progetto aveva molti aspetti positivi, ma non aveva molto di François Roebel.

Peggio ancora, i rigidi limiti di ClearWorks stavano cominciando a infastidire Yuri. ClearWorks era un programma di trenta anni fa. Inoltre, il tutto era stato creato da una sola persona, e sebbene avesse costruito una scatola di sabbia proprio carina, non c’era praticamente altro che sabbia.

Yuri aveva cominciato a intuire la logica di pensiero del programmatore. Nessun fanatico informatico di trenta anni fa avrebbe mai potuto pensare come un costruttore moderno. Nonostante avesse un arsenale di geniali e astute modalità per assemblare la sabbia, non aveva alcun modo per disassemblare la sua sabbia.

Era come se avesse pensato che gli edifici reali venissero costruiti in una sorta di ciberspazio platonico dove gravità, frizione ed entropia non erano mai esistite. Dove il passaggio degli anni era solo un’astrazione. L’autore di ClearWorks era un fanatico informatico, quindi non si era accorto che quando intrecci bit e atomi, devi rispettare gli atomi. I bit erano servi degli atomi. I “bit” erano in effetti solo pezzettini di atomi.

I bit andavano e venivano con un colpo di interruttore, ma gli atomi seguivano profonde, oscure e permanenti leggi fisiche. Gli atomi non sparivano quando spegnevi lo schermo. Quando non trattavi gli atomi in maniera responsabile, eri una minaccia per te stesso e per tutto ciò che ti circondava.

Armato di questa conoscenza etica, Yuri si mise al lavoro per rimediare alla svista. Improvvisamente ClearWorks lo stava ostacolando su tutta la linea. Per far sì che ClearWorks smontasse le sue stesse costruzioni, Yuri doveva scomporre i suoi elementi nei loro piccoli, minimi, mattoni a misura di voxel (elemento di volume che rappresenta un valore di intensità di segnale o di colore in uno spazio tridimensionale,ndr).

Ora Yuri aveva davvero una battaglia per le mani. Il programma aveva borbottato tutto il tempo nella sua grandiosità wagneriana, nella sua pallida maestà senza tempo e nel suo altisonante tagliare di stringhe spaziali: ma Yuri era in collera. Aveva immaginato di sentire una Cavalcata delle Valchirie, un tema dal Götterdämmerung… Doveva strappare quella pura semplicità.

Spezzati! Crolla! Vai in pezzi, stupida Opera d’Arte Totale! Smetti di cercare di tenerti in piedi sfidando il buon senso e la ragionevolezza! Vieni dai pixel, e ai pixel ritornerai…

La luce si accese sopra la sua testa. Preston stava in piedi sulla porta, con una birra in mano. In qualche modo il giorno era diventato sera.

«Ci stai ancora lavorando?»

Yuri sbatté le palpebre. «è tardi?»

«Sì, sei stato qui dentro per cinque ore di fila!»

Yuri abbandonò la sedia dell’ufficio. Improvvisamente la schiena gli faceva male da morire. «Dov’è François?»

«I clienti lo hanno svegliato», disse Preston. «Stiamo offrendo loro dei cocktail nel solarium, cocktail e sciocchezze». Preston si avvicinò e sgranò gli occhi. «Wow».

«Ho armeggiato un po’».

«Sembra piuttosto diverso. Sembra… piuttosto nuovo».

«Progetto per disassemblaggio», disse Yuri. «Ho dovuto metterlo tutto in una sorta di ciclo».

Preston guardava lo schermo animato, sorseggiando distrattamente la sua birra.

«Sai», rifletté alla fine, «la vecchia grafica dei computer ha una qualità estetica che è veramente ammaliante. è molto simile alla spaventosa, gotica qualità dei film muti. L’umanità non sarà mai più in grado di simulare edifici così male».

«Potrei lavorare sulle tonalità dei colori».

«No, no, lascia stare, lascialo!» Preston strappò il bastone dalla mano di Yuri. «Hai usato la cuffia corticale-cognitiva?»

«Cosa?»

«Quell’affare che ti legge nel cervello e nella coscienza?»

«Oh, quello», disse Yuri. «è divertente, ma non ne ho mai neanche attaccato la spina».

«Quel lettore istantaneo del cervello avrebbe dovuto essere estremamente ‘utile e conveniente’».

Yuri fece spallucce. «Non puoi bagnarti due volte nello stesso fiume».

Un estraneo si affacciò nell’ufficio di Roebel, poi entrò. Era giovane, accuratamente vestito di un abito fatto su misura e portava una borsa da viaggio di lusso.

«Cosa abbiamo qui?»

«Ha trovato l’ufficio di progettazione del vecchio», Preston gli rispose. «Yuri Lozano, Mark Quintaine. Mark è un procuratore locale».

Quintaine aveva un taglio di capelli elegante, uno stile molto ricercato e un abito leggermente eccentrico. Avrebbe anche potuto plausibilmente essere gay, ma quelli erano solo i suoi tratti regionali tipici di San Francisco: oh, sì, questo tipo era un avvocato immobiliare, senza dubbio. Yuri ne aveva incontrati così tanti da poterne fiutare l’odore ormai.

Il codice e la legge: erano due pratiche sorelle. Una era logica, umana, rigorosa, e la spina dorsale della civiltà. L’altra era folle, ringhiosa, corrotta e piena di sotterfugi. E nessuno sapeva distinguerle.

Le narici di Quintaine si allargarono mentre si guardava attentamente intorno nell’ufficio. C’erano dei buchi nei pannelli di rivestimento in cartongesso e le tende erano tutte impolverate. Puntò bruscamente col pollice dietro la sua spalla di gessato. «Doveva far passare i cavi della corrente proprio sullo stipite della porta? Non è molto feng shui».

Preston colse subito un tono di disprezzo. «Non avrei mai pensato che la Chiesa della Simbiosi Computer-Essere Umano si interessasse di feng shui».

«Non parlo mai male dei miei clienti», disse Quintaine, «ma dopo aver trascorso gli ultimi cinque decenni immersi in ambienti di gioco, per quei tipi la scenografia cinese è diventato l’ultimo dei problemi».

Era una osservazione interessante e, nonostante il tizio fosse un legale, Yuri ne fu conquistato.

«Mi sembra di capire che lei non sia un membro della chiesa».

«I miei genitori erano membri di quella chiesa», disse Quintaine. «Mi hanno portato in ogni tempio costruito dal maestro… sono tutte opere di genio. Ma se passi abbastanza tempo in compagnia di un talento quasi soprannaturale, può diventare un po’ monotono». Aveva bevuto. «Sono sicuro però che il mondo avrebbe bisogno di un altro capolavoro di François Roebel». Quintaine diede una lunga, stralunata occhiata allo schermo tremolante della stazione di lavoro. «Mio Dio! Cosa ha fatto?»

«Quello non è un capolavoro di Françoi Roebel», disse Yuri.

«Okay, quello lo vedo, ma cos’è quella cosa? Sembrano un milione di formiche giganti che mangiano Notre Dame».

«è una piccola cosa che ho appena inventato».

«Lei è un architetto?»

«Lo ero. Sì.

Quintaine sollevò un sopracciglio. «Lo era?»

«Non mi posso definire tale. Non più».

Questa osservazione colpì Quintaine in maniera forte. «Io mi definivo un avvocato». Si lasciò cadere sulla sedia dell’ufficio e fissava lo schermo indaffarato. «Mi ci è voluto un po’ per capirlo: io non esercito la professione legale. Io sono un faccendiere. Mi occupo di tutto: politiche urbane; acquisto di proprietà; gestione delle spese; seguo la crescita passo dopo passo di fondi azionari; attualmente sono impegnato a tenere i problemi ben nascosti: questo mi viene richiesto molto spesso di fare».

«A me sembra che tutto questo rientri nella professione legale», disse Yuri.

Quintaine alzò lo sguardo. «Ma io non ho alcun cliente umano».

«Davvero?»

«è così. Il unico vero cliente è una grossa somma di denaro. E visto il modo in cui il sistema di gestione della ricchezza era strutturato… beh, era così complesso e restrittivo che tutti ne sono fuggiti via. Persino i fanatici di informatica che avrebbero dovuto possedere quella ricchezza si sono rifugiati in un mondo di fantasia. Quella ricchezza è come una enorme palla da bowling che rotola su e giù per Silicon Valley. Vi ricordate, ragazzi, di quella parola, ‘silicio’?»

«Amavo il silicio», disse Yuri.

«Oh, anch’io», disse Preston con fervore. «Il silicio costituiva il 25 per cento della crosta terrestre!»

«Così ho pensato», disse Quintaine, «che avremmo affidato l’incarico a François Roebel e gli avremmo scaricato quel Fondo per la Costruzione Permanente. Roebel è noto per non completare mai alcun edificio nei limiti di tempo o budget stabiliti. Se osservate il modo in cui quel fondo per la costruzione era strutturato… beh, ci arricchiamo di più con edifici fantastici, impossibili e mai realizzati. Nel regime di economia sostenibile odierno, sono il costo totale della proprietà e il prezzo del riciclaggio che ci rovinano».

«Estremamente interessante», disse Yuri. «Non avevo mai sentito un avvocato formulare il problema in questi termini prima d’ora».

«La legge dello stato della California è sempre molto avanti rispetto alle statistiche globali e nazionali».

«Già, proprio così.

«Ora che ha escogitato questa proposta stimolante», disse Quintaine, trovandosi di fronte alla postazione di lavoro, «mi balena una idea nella mente. Questo progetto non è nemmeno un ‘edificio’, da quanto mi sembra di capire. Il modo in cui la struttura continua a girare intorno cos� è un processo permanentemente in costruzione e disfacimento. Non c’è uno stadio finale in cui qualcuno deve chiudere legalmente con una firma e accettare la proprietà. Dunque, legalmente parlando, quello non è un ‘edificio’. è un processo. è un processo in permanente interoperazione».

«Signor Quintaine, lei deve essere un avvocato piuttosto bravo».

Quintaine ruotò sulla sedia. «In effetti, il mio studio non si chiama più ‘studio legale’. Ci occupiamo di un altro tipo di pratiche che sono… beh… molto più attuali».

Yuri lanciò uno sguardo a Preston. Con un gesto tanto impercettibile da essere quasi invisibile, Preston si sfiorò le labbra con un dito.

«Quando non hai più il controllo sul corso degli eventi», Yuri disse allo specchio, «il tuo compito è quello di sperare e prevedere casi fortuiti felici».

«Smettila di borbottare e lamentarti tanto», gli disse Gretchen. Gli aggiustò il papillon, per la terza volta. «Dovresti cercare di goderti la tua grande serata». «Sto ancora provando il mio lungo discorso», disse Yuri. Aveva letto il discorso del critico sei volte. Preston Mengies era finalmente tornato in gran forma, considerato che aveva una eccitante controversia da sfruttare. «Tesoro, quel discorso è un po’ troppo! è pieno di carne cruda per il pubblico degli interoperatori. Mi vergogno di fare una simile declamazione. Posso cavarmela?»

«Non è una ‘declamazione’, tesoro. Ti danno un premio importante e tu tieni per loro un discorso importante. Devi riuscire a mostrarti all’altezza della situazione. Non puoi far finta di aver rubato un biscotto dalla scatola dei biscotti».

Gretchen indossava un abito da sera di taffettà color bronzo. I capelli erano ben acconciati, il suo volto truccato era serio e aveva un aspetto aggressivamente stupendo.

Questa attraente apparizione, che gli dava gli ultimi ritocchi e lo incitava a sbrigarsi a salire sul palco, questa non era la Gretchen Lozano più felice. Gretchen sembrava tirata, in tensione e molto concentrata.

Gretchen era felice durante i campeggi estivi nel nord del Michigan. Un campeggio con Yuri, i suoi due fratelli e i suoi due figli: cinque uomini urlanti, chiassosi e sporchi che pretendevano che lei sbudellasse del pesce crudo e lo cuocesse.

Questo rendeva Gretchen felice. Ci voleva una situazione così primitiva per liberare Gretchen dalla sua complessa e problematica eredità. Nella natura Gretchen dimenticava tutti i suoi traumi del passato; prendeva invece allegramente la sporcizia, il fumo, l’immondizia, i tagli, le vesciche e le punture d’insetto di ogni giorno. In quel verde selvaggio e sentimentale, pieno di lupi, canadesi e caribù, Gretchen mangiava come un cavallo, correva come un cervo e faceva l’amore come una lince.

Quindi lui sapeva che Gretchen poteva essere felice. E sapeva come farla felice. E questo aveva molti risvolti positivi.

Questo altro tipo di Gretchen Lozano, la donna al suo fianco stasera, era la moglie astuta di un presunto genio. La nuova costruzione di Yuri era famosa. Era una torre in equilibrio permanentemente instabile fatta di moduli plastici a innesto, tutti in canapa, colla e ceneri volatili. E ogni notte si auto-ricostruiva. Questo fenomeno radicalmente instabile, profondamente interattivo e in costante movimento era ironicamente chiamato “Il Monumento”. Attirava l’attenzione dei media come il miele attirava le api.

L’enorme successo del progetto aveva rapidamente trasformato Gretchen Lozano dalla moglie di un costruttore del Midwest nell’elegante consorte dell’alta società di una superstar della progettazione in Rete. Gretchen sapeva come gestire la cosa. Era una qualità che era sempre rimasta nascosta in lei, in attesa di brillare alla luce del giorno.

Abbigliata per il banchetto, Gretchen aveva l’aspetto levigato di uno strumento da costruzione a laser. Sembrava che qualcuno avrebbe potuto afferrarla e usare il suo naso per grattare una lastra di cristallo.

«Preston sa che è stato tutto solo un caso fortuito», disse Yuri. «Preston è un tipo in gamba; era lì quando l’ho fatto. Lui sa che non l’ho fatto intenzionalmente».

«Oh, certo, è stato tutto un caso, maestro. Sei solo un grande impostore, e lo stesso vale per i mille artisti imbroglioni che cercano di imitarti». Gretchen sospirò nel suo decolletè. «La gente non vuole più vivere in ‘edifici’, Yuri. La gente vuole vivere in programmi di costruzione. La gente è pronta a pagare profumatamente per vivere come la gente moderna effettivamente vive. Non è un caso. Noi siamo ricchi e tu sei famoso. Capisci? Solo uno stupido non lo capirebbe. E se sei troppo pigro e nevrotico per essere all’altezza delle tue potenzialità, beh, ti picchierò. Ti colpirò con un bastone sulla testa».

Gretchen non gli aveva mai parlato così, mai prima che suo padre morisse. C’era voluta la sua morte perché fosse libera di fargli eco.

Tommy bussò rumorosamente alla porta ed entrò nella loro stanza. Tommy aveva quindici anni ora e stava crescendo a vista d’occhio come l’erbaccia, ma nel suo abito scuro fatto su misura sembrava una statuetta con meccanismo a orologeria. «Perché voi due state ancora qui? Possiamo andare? Sto morendo di fame».

Yuri voleva risparmiarlo. «Davvero vuoi andare a vedere una noiosa cerimonia di premiazione, Tommy? Potresti rimanere qui e uccidere mostri col tuo fratellino».

«Sì, devo andare al banchetto», Tommy disse alzando le spalle. «Il tuo edificio è grandioso e tutti gli altri edifici fanno veramente schifo, papà.

«è così semplice, eh?»

«Già, il mio papà può creare edifici fantastici che non sono schifezze!»

«Arriviamo subito, Tommy», disse Gretchen, con i tacchi che facevano rumore mentre andava a prendere lo scialle. «Potrai fare uno spuntino nella limousine».

Tommy uscì. Gretchen lo seguì con lo sguardo e poi impresse sulla guancia di Yuri il suo rossetto a prova di bacio. «’Alcuni uomini nascono grandi, ad altri la grandezza viene imposta’. Se sei a una festa e cinque amici dicono che sei ubriaco, allora sei ubriaco. E farai meglio ad andare a stenderti. Ma se cinque milioni di persone dicono che sei un genio, farai meglio ad aspirare alla genialità. Non sei un ubriacone, tesoro. Avresti potuto esserlo, ma ti è toccato l’altro destino. Sarai semplicemente grande».

«Questa è la tua ultima parola su questo argomento?»

«Va bene, forse ancora un’altra parola. Io ho sempre saputo che avevi questo dentro. Speravo solo non sarebbe stato troppo caotico quando fosse finalmente venuto tutto fuori».