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Un rapporto dell’IEA fa chiarezza sulle risorse necessarie alla rivoluzione energetica.

di Lisa Ovi

L’ultima settimana di maggio è stata teatro di clamorose sconfitte per giganti del petrolio come ExxonMobil, Chevron e Shell.

Alla ExxonMobil, un fondo speculativo critico della strategia climatica del gigante petrolifero, ha ottenuto sufficiente sostegno da parte degli azionisti per sostituire tre amministratori dal suo consiglio di amministrazione, un segno importante per un’azienda che più di altre ha resistito alla transizione energetica. Alla Chevron nel frattempo, ha ricevuto il favore dei voti una proposta di taglio delle emissioni lanciata dai suoi azionisti, mentre la Royal Dutch Shell si è vista ordinare dal tribunale distrettuale dell’Aia una riduzione delle emissioni pari al 45% netto rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030.

Secondo l’International Energy Agency, fondata per promuovere forniture energetiche sicure e convenienti, il mondo non ha bisogno di aprire nuovi siti per l’estrazione di petrolio e gas. Conseguire le zero emissioni entro il 2050 sarà difficile, ma fonte di enormi benefici, spiega l’agenzia nel suo rapporto speciale ‘Net Zero by 2015‘. Ciò non significa, però, che le necessità energetiche della società umana possano fare a meno delle risorse del sottosuolo.

Le tecnologie energetiche pulite, infatti, richiedono un’ampia gamma di minerali e metalli, tra cui il litio è solo uno dei più noti. La crescente diffusione di tecnologie per l’energia pulita è destinata a far impennare sia la domanda di questi minerali critici, sia l’incertezza tecnologica, in quanto: “Oggi, i dati mostrano un’incombente discrepanza tra le ambizioni climatiche del mondo e la disponibilità dei minerali critici essenziali alla realizzazione di tali ambizioni”, spiega Fatih Birol, IEA Executive Director.

È quanto si legge nel rapporto dell’IEA dedicato al ruolo dei minerali critici: “The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions”. In questo rapporto, l’agenzia promuove l’intervento governativo per garantire forniture affidabili e sostenibili di quegli elementi che sono vitali a veicoli elettrici, reti elettriche, turbine eoliche e altre tecnologie chiave.

A differenza del petrolio, un bene prodotto in tutto il mondo, la produzione e la lavorazione di minerali come litio, cobalto e altri elementi più rari si concentra in pochi paesi, con i primi tre produttori responsabili del 75% delle forniture. E se c’è una cosa che la pandemia ha reso evidente, è la delicatezza delle catene di approvvigionamento che possono essere bloccate da interruzioni fisiche, restrizioni commerciali o altri sviluppi. Inoltre, mentre le risorse non mancano, i produttori si trovano ad affrontare standard ambientali e sociali sempre più rigorosi.

Le sei raccomandazioni chiave della IEA per assicurare la sicurezza mineraria sono:
– Garantire investimenti adeguati in fonti diversificate di nuova fornitura.
– Promuovere l’innovazione tecnologica in tutti i punti lungo la catena del valore.
– Aumentare il riciclo per ridurre i requisiti di approvvigionamento primario.
– Migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento e la trasparenza del mercato.
– Integrare standard ambientali, sociali e di governance più elevati.
– Rafforzare la collaborazione internazionale tra produttori e consumatori.

Grande protagonista delle operazioni di produzione e lavorazione di questi minerali critici, per esempio, è la Cina. Con l’ambizione di trasformarsi in una potenza dell’energia pulita, la Cina è attualmente responsabile della produzione di gran parte dei pannelli solari, delle turbine eoliche, dei veicoli elettrici e delle batterie al litio del mondo.

Particolarmente ricca di depositi di litio è l’Australia, a cui si affiancano in Sud America, Cile, Argentina and Bolivia. I depositi del prezioso minerale in Europa sono già oggetto di contese. Avviene in Portogallo, dove gruppi ecologisti dubitano che sia possibile condurre operazioni di estrazione ‘verdi‘. Nel Regno Unito, invece, il litio di Scozia e Cornovaglia è minacciato dagli interessi della Cinese Ganfeng Lithium, già proprietaria di interessi in Messico.

La posta in gioco è quella dell’indipendenza energetica, e di conseguenza, della sovranità, argomento in primo piano del dibattito europeo. Sul piano internazionale, infatti, il controllo delle risorse energetiche e tecnologiche si fa sempre più strumento su di un pinao politico ed economico. Il compito di garantire alla Comunità Europea le risorse minerarie necessarie ad uno sviluppo sostenibile è affidato alla European Raw Materials Alliance (ERMA), a cui spetta anche lo sviluppo di strategie che possano rendere l’Unione meno dipendente dai prodotti di importazione. 

Alle raccomandazioni dell’IEA si potrebbe aggiungere un incoraggiamento al potenziamento di fonti di energia rinnovabile il meno dipendenti possibile dalle forniture di minerali critici.

Si può fare l’esempio delle capacità di stoccaggio energetico dell’idrogeno, elemento chiave del Green Deal Europeo e della nuova strategia di Eni per conseguire la decarbonizzazione completa entro il 2050.

L’idrogeno rinnovabile, ottenuto da elettrolisi dell’acqua sostenuta da fonti rinnovabili e biometano, può essere utilizzato sia come combustibile, che come materia prima di combustibili sintetici puliti. È inoltre un ottimo mezzo di stoccaggio dell’energia che utilizza minerali critici.

In alternativa, esistono soluzioni tecnologiche che, pur utilizzando risorse minerarie, diversificano il portafoglio dei metalli necessari. È il caso delle batterie a flusso, per cui non sono richieste terre rare o cobalto.

In corso di studio al Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara, le batterie a flusso rappresentano una possibile soluzione allo stoccaggio delle energie rinnovabili. I primi prototipi realizzati sono già capaci di essere caricati e scaricati ripetutamente senza deteriorarsi. Il Centro di Ricerche ha realizzato un primo impiantino pilota con batterie a flusso a ioni di vanadio collegate a impianti fotovoltaici.

Immagine: Chemetall Foote Lithium Operation, di Doc Searls, su Wikimedia Commons

(lo)