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Quest’estate, gli scienziati di Harvard hanno in programma di lanciare un pallone aerostatico per testare l’attrezzatura necessaria per i primi esperimenti di geoingegneria nella stratosfera.

di James Temple

Intrappolata in un lungo tubo di vetro in un laboratorio al piano terra dell’Università di Harvard c’è una copia in miniatura della stratosfera. Quando ho incontrato Frank Keutsch nell’autunno del 2019, mi ha accompagnato a questo laboratorio, dove il tubo, avvolto in un isolamento grigio, correva lungo una panchina nell’angolo posteriore. Riempendolo con la giusta combinazione di gas, a particolari temperature e pressioni, Keutsch e i suoi colleghi avevano simulato le condizioni a circa 20 chilometri sopra la superficie terrestre.

Nel testare il modo in cui le varie sostanze chimiche reagiscono in quest’aria rarefatta, il team sperava di condurre un test grezzo di uno schema controverso noto come geoingegneria solare, che mira a contrastare il cambiamento climatico spruzzando minuscole particelle nella stratosfera per riflettere più calore del sole dentro lo spazio.

Ma nel tubo c’è davvero la stratosfera?”, si è chiesto Keutsch, un professore di ingegneria, chimica e scienze atmosferiche. “Questa è la domanda”, ha continuato. Cerchiamo di fare in modo che sia così, ma non ne siamo del tutto certi”. Ecco perché lui e altri ricercatori, incluso David Keith, lo scienziato del clima di Harvard, vogliono spostare i loro esperimenti fuori dal loro modello di stratosfera a quella reale. Progettano, pertanto, di condurre una serie di voli scientifici in mongolfiera, il primo dei quali potrebbe essere lanciato dal Centro spaziale Esrange a Kiruna, in Svezia, già questa estate.

Il volo iniziale valuterà semplicemente se l’equipaggiamento e il software del velivolo funzionano correttamente nella stratosfera, dove le temperature possono scendere sotto i 50 °C e la pressione varia da un decimo a un millesimo della quantità a livello del mare. Ma nei lanci successivi, i ricercatori sperano di rilasciare piccole quantità del tipo di particelle che potrebbero disperdere la luce solare.

In un mondo che sta tagliando le emissioni di anidride carbonica troppo lentamente per prevenire cambiamenti climatici catastrofici, la geoingegneria solare potrebbe far guadagnare tempo. Ma farlo su larga scala potrebbe significare creare il caos tra i modelli meteorologici su tutto il pianeta. Gli effetti sono imprevedibili e, in alcuni luoghi, potrebbero anche essere disastrosi.

Nelle prossime settimane, quindi, ci si aspetta che un comitato consultivo indipendente, incaricato di esaminare le questioni legali, etiche e ambientali legate al progetto determini se il gruppo di ricerca debba procedere con la sperimentazione. Il comitato dovrà esprimere il suo giudizio prima di qualsiasi volo che effettivamente rilasci materiali e determinare quali passi il team di ricerca dovrebbe o deve intraprendere per interagire con i cittadini e le autorità di regolamentazione.

Se i lanci saranno approvati, e questo è ancora un grande se, saranno i primi esperimenti di geoingegneria nella stratosfera. Ma prima ancora che i palloncini abbiano lasciato il terreno, stanno già attirando critiche.

Per gentile concessione di Scopex

Il pericoloso è troppo alto

L’idea di raffreddare il pianeta disperdendo particelle nell’atmosfera, attenuando la luce solare e compensando parte del riscaldamento provocato dalle emissioni di gas serra, ha un precedente: la natura lo fa già. Le principali eruzioni vulcaniche come il Monte Pinatubo nel 1991 hanno vomitato milioni di tonnellate di anidride solforosa nell’aria, abbassando le temperature globali negli anni successivi. L’anidride solforosa emessa dalle centrali a carbone e dalle navi produce a sua volta effetti di raffreddamento misurabili.

Per alcuni critici, farlo deliberatamente come misura contro il cambiamento climatico è sconsiderato solo a pensarlo, figuriamoci a sperimentare. Alcuni studi hanno scoperto che la geoingegneria solare potrebbe alterare in modo significativo la distribuzione delle piogge e tagliare alcuni raccolti in determinati luoghi. Ma altri studi hanno concluso che gli effetti collaterali ambientali potrebbero essere modestifintanto che la geoingegneria viene portata avanti in modo parziale.

Tutte le ricerche fatte fino ad oggi, con poche eccezioni su piccola scala, sono state condotte su modelli al computer o esperimenti di laboratorio. Quindi Keutsch e i suoi colleghi sostengono che le loro sperimentazioni con i palloncini sono un passo successivo fondamentale. L’idea di base per i loro cosiddetti esperimenti SCoPEx, proposti per la prima volta nel 2014, è lanciare un pallone, dotato di eliche e sensori, che rilascerebbe fino a due chilogrammi di particelle di dimensioni inferiori al micrometro in un pennacchio lungo circa un chilometro. Un aereo di linea commerciale, osserva Keith, pompa quantità simili di materiale ogni minuto.

Il pallone dovrebbe zigzagare attraverso il pennacchio e valutare con i suoi sensori quanto ampiamente le particelle si disperdono, come interagiscono con altri composti e quanta luce solare riflettono. I risultati potrebbe essere inseriti nei modelli computerizzati, affinando la nostra comprensione di cosa può fare l’ irrorazione di milioni di tonnellate di materiale.

Il team spera ora di condurre una serie di voli nell’arco di diversi anni. All’inizio, intendono rilasciare una polvere fine di carbonato di calcio, l’ingrediente principale del gesso, ma prevedono di utilizzare anche altri materiali, probabilmente incluso l’acido solforico (che è un sottoprodotto dell’anidride solforosa rilasciata dai vulcani). Ma alcuni temono che anche questi esperimenti limitati siano un passo troppo avanti.

Wil Burns, co-direttore dell’Institute for Carbon Removal Law & Policy dell’American University, ritiene che dovrebbe esserci un consenso globale sul fatto di portare avanti o meno esperimenti simili, prima ancora di effettuarli. La sua risposta è negativa perchè gli impatti ambientali sono sconosciuti. Le sfide per governare uno strumento del genere sono enormi: un singolo paese potrebbe svolgere autonomamente la geoingegneria solare, ma tutti i paesi ne sarebbero coinvolti. 

Le generazioni future potrebbero essere costrette a gestire gli effetti per centinaia di anni. Burns aggiunge che non possiamo sapere cosa accadrà su scala planetaria fino a quando gli effetti non saranno completamente operativi e di volta in volta potremmo ritrovarci bloccati da fenomeni negativi senza poter andare avanti nel progetto.

Alcuni gruppi ambientalisti che hanno una posizione critica sulla geoingegneria hanno chiesto ai funzionari del governo in Svezia, dove verrebbe lanciato il primo volo SCoPEx, e ai capi della Swedish Space Corporation, che lo gestirà, di opporsi agli esperimenti. A loro parere, la ricerca stessa non presenti gravi rischi ambientali nell’immediato, ma crea una “pendenza scivolosa verso la normalizzazione e il dispiegamento” di uno strumento pericoloso e potente.

La geoingegneria solare “ha il potenziale per provocare conseguenze estreme e si caratterizza come pericolosa, imprevedibile e ingestibile”, si legge in una lettera pubblicata da Greenpeace Svezia, Biofuelwatch e altri gruppi. “Non vi è alcuna giustificazione per testare e sperimentare una tecnologia che sembra essere troppo pericolosa per essere utilizzata”.

Frank Keutsch, il primo ricercatore di SCoPEx. Eliza Grinnell, School of Engineering and Applied Science di Harvard

Il ricercatore riluttante

Keutsch afferma che è un timore motivato che gli esperimenti di geoingegneria possano rendere più probabile un eventuale utilizzo della tecnologia. Come mi ha detto durante un’intervista nel suo ufficio, lui stesso pensa che la geoingegneria sia il modo sbagliato per affrontare il cambiamento climatico. Lo ha paragonato agli oppiacei che alleviano il dolore acuto, ma portano ad altri problemi come la dipendenza. La soluzione molto più sicura ed efficace sarebbe quella di ridurre rapidamente le emissioni di gas a effetto serra.

La sua paura è che il cambiamento climatico sia così avanzato e possa diventare così dirompente che qualche nazione disperata decida comunque andare avanti con la geoingegneria. Uno studio precedente di Harvard ha rilevato che il costo per lo sviluppo e il pilotaggio di una flotta di aerei specializzati per svolgere il lavoro costerebbe appena 2 miliardi di dollari all’anno, mettendolo alla portata economica di molti paesi.

Dal momento che è l’unico strumento in grado di fare una vera differenza per le temperature globali nel breve periodo, potrebbe diventare un’opzione incredibilmente seducente nelle nazioni che soffrono di ondate di caldo mortale, siccità, carestie, incendi o inondazioni. “In realtà”, dice 
Keutsch, “spero seriamente che non ci troveremo mai in una situazione in cui questa opzione debba essere utilizzata”.

E’ necessaria un comitato di supervisione

Il team inizialmente sperava di partire con i primi voli in mongolfiera già nel 2018 a Tucson, in Arizona, e successivamente ha esplorato dei progetti per il New Mexico. Infine, hanno deciso di fare il primo tentativo in Svezia a causa del covid-19 e di altre sfide logistiche, come riportato dal sito web del progetto.

Parte del ritardo è stato legato alla decisione del team di Keutsch di istituire un comitato indipendente per valutare gli impatti etici e legali degli esperimenti proposti. Non avrebbe dovuto essercene uno, poiché la ricerca non ha fondi federali (In effetti, quando il progetto è iniziato, non vi era alcun finanziamento federale degli Stati Uniti per la geoingegneria la ricerca. Il progetto è sostenuto da Harvard e da donazioni individuali e di gruppo, tra cui Bill Gates, William e Flora Hewlett Foundation, la Fondazione Alfred P. Sloan, e altri).

Ma Jane Long, ex direttore associato del Lawrence Livermore National Laboratory, ha fortemente raccomandato di creare un comitato di revisione esterno. A suo parere, gli esperimenti, come inizialmente proposto, sono su scala molto ridotta ed è improbabile che presentino pericoli per la salute o per l’ambiente, ma la presenza di un comitato, ella spiega, costringe i ricercatori ad articolare lo scopo del lavoro e ad affrontare le preoccupazioni del pubblico.

Il comitato ha già pubblicato un rapporto che fornisce suggerimenti su come il gruppo di ricerca dovrebbe comunicare con il pubblico prima di qualsiasi volo che rilasci particelle. Tra le altre cose, si consiglia di creare un rapporto illustrativo per spiegare i problemi e invitare le persone che vivono vicino alla traiettoria di volo dei palloncini a “partecipare al confronto decisionale sull’esperimento stesso e sulla governance della ricerca di geoingegneria solare”.

Tuttavia, Burns sostiene che al comitato mancano alcune voci cruciali, inclusi i critici della ricerca di geoingegneria e i rappresentanti dei paesi più poveri. A suo parere, questi punti ciechi sono evidenti nel rapporto iniziale della commissione che, come spiega Burns, “fa capire che ci si confronta con i cittadini solo per arrivare alla fase successiva degli esperimenti sul campo, considerandola come una sorta di conclusione scontata rispetto a cosa potrebbe accadere”.

Per gentile concessione di Scopex

Cosa potrebbero imparare

Il team di Keutsch ha già eseguito simulazioni al computer esplorando come le particelle rilasciate dalle loro apparecchiature si dissiperanno nell’aria. Se e quando cominceranno a testarlo sul serio, dovrebbero essere in grado di misurare più precisamente come i granelli di carbonato di calcio o acido solforico si diffondono o si aggregano. 

Il test è cruciale per stabilire se questi materiali potrebbero funzionare per operazioni di geoingegneria. Se le particelle sono troppo grandi, affonderanno troppo rapidamente fuori dalla stratosfera, richiedendo più materiali per disperdere la stessa quantità di luce solare.

Un’altra questione cruciale è come le particelle reagiranno con altre sostanze chimiche nella stratosfera, in particolare il carbonato di calcio, poiché non si trova lassù in natura. Il team ha scelto il carbonato di calcio invece dei solfati per due ragioni, dice Keutsch: i solfati consumano lo strato protettivo di ozono e, sebbene abbiano un effetto di raffreddamento sulla superficie terrestre, riscaldano la stratosfera. Ciò potrebbe dare il via a cambiamenti meteorologici difficili da prevedere. 

Tuttavia, il carbonato di calcio ha le sue incognite. Quegli esperimenti nel tubo di vetro hanno scoperto che non è particolarmente reattivo con i composti che incontrerà nella stratosfera. Ma il modo in cui interagisce con altre sostanze chimiche nella realtà conosciuta potrebbe influenzare la quantità di radiazioni ultraviolette assorbite e la quantità di luce solare diffusa.

Ma ci saranno ancora limiti reali su ciò che i ricercatori possono imparare da piccoli esperimenti con i palloncini. Non saranno in grado di rilevare il destino a lungo termine delle particelle rilasciate nella stratosfera, perché diventeranno rapidamente troppo diluite per essere rilevate. Inoltre, riconosce Keutsch, ci sono semplicemente alcune cose che non possono essere conosciute fino a quando qualcuno non dispiega la geoingegneria solare su vasta scala.

foto: Cody Schroeder / Unsplash