Nanotech a breve termine

La strategia del Giappone: perfezionare gli apparecchi tradizionali

di Charles C. Mann

A gennaio del 2002 l’allora presidente Bill Clinton annunciò la creazione della National Nanotechnology Initiative. «Si immagini», egli disse, «di poter ridurre alle dimensioni di una zolletta di zucchero tutto il contenuto dei libri della Biblioteca del Congresso». Clinton aveva intrapreso l’iniziativa – il cui finanziamento è stato continuamente incrementato dall’amministrazione Bush, fino ad arrivare ai 982 milioni di dollari per l’anno fiscale 2005 – per stimolare il progresso scientifico e la crescita economica degli Stati Uniti. Ma il beneficiario maggiore potrebbe essere il Giappone.

In verità la nanotecnologia ha sempre suscitato l’interesse dei ricercatori giapponesi. Sumio Iijima, di NEC, ha scoperto il nanotubo al carbonio – una molecola con straordinarie proprietà elettriche e grande resistenza – nel 1991. Ma il discorso di Clinton, secondo Yoshio Bando dell’Istituto Nazionale di Scienza dei Materiali, a Tsukuba, ha scosso profondamente il governo e il mondo della ricerca giapponesi e ha fatto loro comprendere «l’importanza futura di questo campo». Un anno dopo le parole di Clinton il Giappone ha intrapreso alcune iniziative nel settore delle nanotecnologie che al momento sembrano decollare commercialmente con molta più rapidità di quelle americane.

Mentre i tentativi americani puntano sulla ricerca fondamentale su obiettivi futuri come il calcolo molecolare, quelli giapponesi sono più legati alle tecnologie a breve termine. In sostanza, i due principali finanziatori della ricerca scientifica giapponese – MEXT (Ministero dell’Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia) e METI (Ministero dell’Economia, Commercio e Industria) – sono impegnati a usare le nanotecnologie per migliorare i materiali degli apparecchi tradizionali.

Alcune aziende si sono dimostrate più zelanti nell’adozione di nanotecnologie: l’utilitaria sportiva X-Trail di Nissan, per esempio, ha paraurti rinforzati con nanotubi. Molto più innovativo tecnologicamente è il portatile alimentato con pile a combustibile di NEC, che arriverà sul mercato entro la fine dell’anno. Con gruppi di nanocorni al carbonio – una variante del nanotubo con una configurazione a forma di corno che è stata scoperta da Iijima – come elettrodi, le pile a combustibile usano il metanolo per produrre elettricità e durare 10 volte più a lungo delle tradizionali batterie per computer delle stesse dimensioni. Il prossimo anno NEC prevede di introdurre un modello con 40 ore di autonomia con un pieno di metanolo. Portatili simili saranno prodotti da Toshiba e Hitachi, che hanno annunciato a marzo del 2004 di aver sviluppato un PDA con pile a combustibile dotato di 5 ore di autonomia.

Secondo Louis Ross, amministratore delegato del Global Emerging Technology Institute, la particolare attenzione concessa dal Giappone ai prodotti di consumo esistenti permette al paese di avvantaggiarsi della sua lunga tradizione di eccellenza nello sviluppo dei materiali. In stile tipicamente giapponese, afferma Ross, aziende, ricercatori universitari e dirigenti governativi passano mesi a elaborare la politica migliore per trasformare l’expertise giapponese in un successo commerciale. «Ciò significa che tutti si muovono nella stessa direzione», egli dice. «La partenza è molto macchinosa, ma quando sono in movimento è quasi impossibile fermarli».

Il bilancio giapponese della ricerca sulle nanotecnologie, circa 800 milioni di dollari nel 2003, è secondo solamente a quello degli Stati Uniti. Secondo una recente inchiesta del Nihon Keizai Shimbun, l’equivalente giapponese del Dow Jones, quasi una grande azienda industriale giapponese su tre sta lavorando sulla R&S in nanotecnologie o è intenzionata a farlo nel prossimo futuro. Molte di loro, inoltre, sono impegnate a creare prodotti rivolti ai consumatori e al settore commerciale.

Schermi ultrasottili a pannelli piatti, abbigliamento protettivo leggero, automobili super-resistenti e rivestimenti aerei sono sempre più evoluti in Giappone. Alcune delle applicazioni più interessanti prevedono l’uso del nanovetro, rosa all’occhiello della collaborazione governo-industria denominata Nanotechnology Glass Project. Per esempio, alcuni ricercatori sotto la guida di Hirao Kazuyuki della Università di Kyoto sono in grado di regolare a proprio piacere il rivestimento in vetro dei DVD, in modo tale che il fascio laser che li attiva li possa colpire con più precisione; i DVD possono quindi trasportare più informazione, aumentando di gran lunga la loro capacità di memorizzazione.

Altri ricercatori stanno lavorando a guide di perforazione tridimensionali nel vetro per indirizzare i fasci luminosi. Queste guide d’onda agiranno come i tracciati di circuito dei computer ottici attuali. Secondo Koji Fujita, un ricercatore di Kyoto che si occupa di nanovetro, questi nuovi materiali «sono sul punto di essere prodotti» su scala industriale. Ciò dovrebbe rendere sempre più vicino il momento in cui il contenuto cartaceo della Biblioteca del Congresso sarà compresso in un congegno non più grande di una zolletta di zucchero, anche se non è da escludere che qualcosa di simile succeda precedentemente con i testi della istituzione giapponese equivalente, la Biblioteca Nazionale di Tokyo.

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