28. Il contributo Dallara alla missione Rosetta

Ecco alcuni dettagli interamente italiani della missione Rosetta – Tratto da una intervista di Italia Racing.net ad Andrea Toso, leader del team Dallara che ha collaborato alla missione realizzando il trapano elettrico SD2.

di Alessandro Ovi

L’immagine mostra Rosetta durante una serie di test di vibrazione condotti presso il centro ESTEC nel 2002. Fonte: ESA.L’immagine mostra Rosetta durante una serie di test di vibrazione condotti presso il centro ESTEC nel 2002. Fonte: ESA.

Quando è nata l’idea della missione rosetta Rosetta, il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Milano, guidato dalla professoressa Amalia Ercoli Finzi, si è proposto come guida scientifica, trovando prima l’appoggio di ASI (Agenzia Spaziale Italiana), poi il consenso di ESA (European Space Agency).

Tecnospazio, ora un’azienda di Galileo Avionica poi confluita con Selex nel Gruppo Finmeccanica, ha ricevuto l’incarico di coordinare tempi, costi e specifiche tecniche dell’intero progetto per trovare aziende con esperienza nel settore dei compositi e delle strutture leggere in particolare. Perché nella progettazione aeronautica ogni grammo conta moltissimo.

Tecnospazio ha cercato anche tra le aziende del settore Motorsport, perché questo è tra i più contigui all’industria spaziale quanto a uso di materiali, definizione dei controlli di qualità e lavorazioni. E così, insieme a tante altre aziende, hanno trovato Dallara, anche se onestamente non è stata la loro prima scelta… Ferrari declinò la richiesta perché troppo impegnata nel campionato Formula 1.

“La sfida tecnica è stata soprattutto mentale! Immaginate di dover svolgere un esperimento scientifico senza un laboratorio in grado di riprodurre tutte e insieme le condizioni reali in cui l’oggetto dovrà operare: vuoto assoluto e gravità zero, temperatura e pressione prossime allo zero, irraggiamento solare, conduzione termica tra tutti i componenti compresi i circuiti elettronici, nessuna convezione termica che smaltisca il calore dei circuiti elettronici perché aria non ce ne è, assenza di attrito e un viaggio di dieci anni in totale ibernazione durante i quali la sonda viaggia nello spazio profondo del sistema solare. Ovviamente, prima del lancio si sono condotte prove molto impegnative di ‘qualificazione’: vibrazioni violente per simulare la fase di lancio, prove in camera ipobarica e criogenica e altre più dettagliate con varie iterazioni, perché non tutto funzionò al primo tentativo”.

L’aspetto della missione che ha riguardato più direttamente Dallara è stato il trapano progettato e costruito a Varano Melegari, sede appunto di laboratori e fabbriche Dallara. La punta cava del trapano penetra nel suolo e la sua filettatura interna estrae schegge e piccoli campioni di suolo cometario; grazie a piccoli tubicini il materiale della cometa non sfugge libero nello spazio, ma è convogliato in alcuni “fornetti” collegati ad una “giostra” in grado di svolgere diversi esperimenti. Vi è una piccola lente che funziona da microscopio, una micro resistenza per riscaldare il materiale e così via. I dati vengono inviati a Rosetta e di lì a terra.

Le batterie sono così piccole che l’autonomia per svolgere tutti gli esperimenti è di appena 60 ore circa.

Interessanti sono i materiali e le tecnologie che vengono utilizzati. Due esempi: il primo è il Vespel, un materiale auto lubrificante: la punta del trapano, quando penetra nella superficie della cometa, produce attrito e quindi calore, ma non c’è aria che smaltisca il calore e non ci si può permettere il lusso del grasso perché dopo dieci anni nel vuoto assoluto di grasso non può rimanerne traccia…

Il secondo è l’ Invar, un materiale così particolare che il suo coefficiente di dilatazione termica è nullo.

Perché è necessario l’Invar: per dieci anni la struttura di Rosetta è esposta per una metà al Sole e per l’altra metà allo spazio nero e profondo. Senza Invar i suoi due lati si dilaterebbero in modo diverso con gravi deformazioni; queste deformazioni innescano vibrazioni termo-elastiche (innescate dalla temperatura e legate alla rigidezza della struttura) che compromettono la precisione delle antenne di comunicazione con la Terra e riducono l’efficienza dei pannelli solari con cui raccogliere le gocce di luce fino al punto di provocare vibrazioni catastrofiche e quindi il collasso.

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