Tocca a voi, imprenditori!

Molte città stanno incoraggiando la formazione di start-up tecnologiche come un modo per promuovere la crescita economica. Brad Feld ha qualche idea in proposito.

di Antonio Regalado

La febbre delle start-up è ormai planetaria. Ogni città sembra possedere un piattaforma in continua crescita di giovani aziende di software. E se qualcuna non lo possiede, vorrebbero possederlo. Si tratta di un vero e proprio movimento sociale che, come tutti i movimenti, ha bisogno di un teorico. Ecco dunque Brad Feld.

Feld è partner del Foundry Group, che investe in start-up, ed è un blogger molto seguito. Inoltre, crede di sapere cosa ci vuole per creare una vivace comunità di start.up praticamente dovunque. Feld chiama la sua teoria “Manifesto di Boulder”, dal nome della città del Colorado dove vive e che, con il suo aiuto, è diventata una piattaforma notevole di star-up.

Nella sua guida di avviamento, il libro Startup Communities (2012), Feld propone con toni sapienzali un piano in quattro punti per creare un gruppo crescente di aziende start-up. Ma tutte le sue regole si riducono a una sola: sono gli imprenditori che devono tirare la volata. Ogni altro protagonista — università, governi, investitori — sono dei “sostenitori” che, per quanto importanti, non possono lanciare una comunità di start-up in proprio.

Feld sostiene che, con una dozzina di imprenditori determinati, che si propongano di fare qualcosa insieme — per esempio, creare un incubatore –, quasi ogni città, da Detroit a Cape Town, potrebbe creare un significativo raggruppamento di stat-up.

Le regole di Feld hanno peso perché le ha sperimentate in prima persona, avendo contribuito a-creare TechStars, che offre alle start-up un capitale d’ avvio e tre mesi di formazione intensiva. Significativamente assente da Silicon Valley, TechStars opera invece in altre sette città americane, tra cui Boston, Chicago e Austin.

MIT Technology Review ha chiesto a Feld cosa serva per creare una comunità vincente di start-up.

Gli altri parlano di distretti tecnologici. Lei parla di comunità imprenditoriali. Qual è la differenza?

Distretto o hub sono parole che hanno per me una connotazione molto negativa, in quanto descrivono ciò che i governi cercano di creare, anche se la stragrande maggioranza di questi sforzi non hanno avuto successo. Si tratta, in realtà, di soluzioni antitetiche rispetto a ciò in cui io credo. Perciò ho cercato di mettere a fuoco l’idea di comunità: vale a dire, l’idea di creare comunità di start-up, secondo un approccio bottom-up, che è un fenomeno organico, molto congeniale alla imprenditorialità, In altre parole, un approccio profondamente diverso.

Qual è il passo più importante che un imprenditore può fare per creare una comunità di start-up?

Basta darsi da fare. Semplicemente. Gli imprenditori non devono restare a guardare. Se ci si trova in una città dove non si è ancora costituita una comunità di start-up, l’obiettivo non è quello di raccogliere un mucchio di soldi per finanziare qualcosa a fondo perduto, né quello di coinvolgere il governo locale. L’obiettivo è quello di cominciare a trovare altri imprenditori che si impegnino a operare in una città per i successivi 20 anni. Poi, bisogna operare come un gruppo, molto basato sulla conoscenza reciproca, lavorando insieme, accogliendo chiunque voglia impegnarsi, cercando di reclutare le persone giuste, pensando all’interesse aziendale come parte dell’interesse della comunità di start-up.

Se lei fosse un sindaco, preferirebbe portare la Boeing nella sua città o creare una piattaforma di start-up?

Senza dubbio, preferirei avere una vivace comunità di start-up. I governi spendono tutto il loro tempo cercando di convincere le grandi aziende a trasferire le loro sedi, finendo per sovvenzionarle con agevolazioni fiscali. Ma le aziende che trasferiscono le loro sedi, spesso non creano nuovi lavori significativi. Insomma, si sta solo giocando un gioco a somma zero con qualche altra città. Non si sta creando un ambiente che permetta al prossimo Google, o Microsoft, o Facebook, o Genentech di operare creativamente.

Dunque, lei pensa che un approccio top-down possa avere effetti abbastanza tossici?

La differenza è quella che corre tra una rete e una struttura gerarchica. Una gerarchia tende a non riconosce che il successo di quanto avviene intorno alla innovazione deriva, in molti casi, dalla esistenza di una rete. Il modo in cui le start-up stanno evolvendo è fortemente basata sui sistemi di rete. Si pensi a ciò che è successo in una città come Detroit. Un centinaio di anni fa, Detroit era una straordinaria comunità di start-up. Il suo declino attuale ha molto a che fare con una cultura di tipo gerarchico, con la mancanza di innovazione e con tutti i classici problemi che si verificano quando le aziende crescono troppo e diventano troppo potenti. Parte del potere delle comunità di start-up risiede nel fatto che continuano a sfidare lo status quo. Così, per molte di queste città che una volta erano grandi e importanti, mentre oggi sono in difficoltà, le comunità di start-up potrebbero diventare un modo per ringiovanire.

Qual è la prova che le comunità di start-up possano crearsi al di fuori dei centri tecnologici tradizionali?

Una prima prova la si può trovare a Boulder, ma stanno iniziando a emergere nuove iniziative anche Kansas City e a Des Moines. Altre start-up di successo stanno affermandosi in Islanda. Si tratta di città che certamente non ci sarebbero venute in mente solo 20 o 30 anni fa. Non si tratta del Research Triangle Park. Non si tratta di un distretto convenzionale.

Nel suo libro, sostiene che si deve richiedere agli imprenditori l’impegno di restare almeno 20 anni in un posto. Ma c’è qualcuno che pensa davvero su una scala di tempo così ampia?

Pensate che fra 20 anni vivrete ancora nella città in cui vivete oggi? Pensate che allora sarete ancora un imprenditore? Se le risposte sono affermative, allora potete pensare a una durata ventennale. Ci si chiede continuamente se ci sono più posti di lavoro nel primo trimestre 2013 rispetto al primo trimestre 2012. Se ci sono più finanziamenti in Q2 che Q1. Ma si tratta di questioni francamente prive di senso, da cui emerge come in tante organizzazioni manchi proprio l’imprenditorialità.

Come si misura il successo di una comunità di start-up?

Per esempio, a Boulder, un’azienda che proprio di recente è diventata pubblica, la Rally Software, era stata fondata quasi 10 anni fa. Quando prese le mosse, era composta da una persona e da un’idea; oggi conta 500 persone e vale 600 milioni di dollari. Rally ha avuto un impatto significativo sulla comunità di start-up di Boulder, in termini di addetti che hanno poi creato altre start-up, di visitatori che vengono a Boulder come clienti, che fanno amicizie, che frequentano alberghi e ristoranti locali. Questi cambiamenti sono impossibili da misurare in maniera precisa, per cui io consiglio sempre di non perdere tempo a parametrare le situazioni anno per anno. L’attenzione dovrebbe essere posta su quante aziende significative vengono create.

A Kansas City ha comprato una casa per metterla a disposizione di alcuni programmatori. Perché?

A causa della elevata velocità di un gigabit, a Kansas City si sono formati molti gruppi di hacker [ in proposito, si veda Google’s Internet Service Might Actually Bring the U.S. Up to Speed]. A casa mia vivono in affitto quattro persone, che hanno dato vita a un’azienda, Hand Prints, che produce del software per la stampa 3-D, avvalendosi di un Internet molto veloce. Spero proprio che impareremo molte cose nuove. Così si costruisce quello che io chiamo un “quartiere di start-up”. Le persone che vi abitano e vi lavorano, anche se faticano a diventare imprenditori, amano starsene al caffè e pranzare nei ristoranti, fornendo energia alla comunità . Inoltre, sorprende anche vedere quanta gente cominci a venire a Kansas City, da ogni parte del mondo, solo per vedere cosa sta succedendo intorno a Google Fiber, in queste case in cui la fibra impera. Questo quartiere era fatiscente, ma tutto a un tratto si è riempito di giovani brillanti e intelligenti.

Related Posts
Total
0
Share