I droni per la creazione di una connessione Internet mondiale non funzionano

Alphabet ha cancellato il suo progetto, e Facebook potrebbe presto farlo a sua volta.

di Jamie Condliffe

Ai giganti tech della Silicon Valley, l’assenza di Internet nelle regioni remote del pianeta sembrava un problema semplice da risolvere: bastava allestire una connessione usando droni, palloni o satelliti in orbita. Il primo di questi approcci, però, si è finora rivelato più problematico del previsto.

Alphabet ha annunciato la cancellazione del progetto Titan, lanciato per testare l’idea di stabilire una connessione Internet attraverso droni volanti. Di fatto, il laboratorio di ricerca X aveva smesso di lavorare al velivolo già dall’inizio del 2016, anche se la decisione è stata solo ufficializzata ora.

La società ha deciso di concentrarsi sul progetto Loon, che ricorre invece a palloni stratosferici per trasmettere Internet a terra. Stando a un portavoce di Alphabet, “le economie e la fattibilità tecnica del progetto Loon rappresentano una soluzione più promettente per connettere le parti rurali e remote del pianeta”.

Anche i tentativi di Facebook di utilizzare i droni sono andati incontro a problemi. Pur avendo celebrato la scorsa estate il primo test del suo drone stratosferico, l’Aquila, si è in seguito appreso che il velivolo aveva riportato seri danni nella fase di atterraggio. Secondo un’indagine condotta dal National Transportation Safety Board, i forti venti avrebbero impedito all’autopilota di eseguire una manovra di atterraggio sicura.

L’incidente mette in evidenza uno dei problemi principali di questo genere di progetti. I velivoli sono infatti progettati per volare ad alte quote, nella stratosfera, dove dovrebbero seguire una rotta circolare per assicurare la copertura Internet della regione sottostante rimanga stabile. A quelle altezze, le turbolenze possono essere incredibilmente forti.

Essendo progettati anche per rimanere in volo per giorni, settimane o oltre, questi droni devono affidarsi all’energia solare e a batterie. Devono quindi essere ultraleggeri. L’Aquila di Facebook ha un’apertura alare superiore a quella di un Boeing 737, ma la sua struttura in fibra di carbonio le consente di contenere il peso al di sotto di 500 kg, e i progettisti continuano a cercare di alleggerirlo.

I limiti ingegneristici sono quindi notevoli: i droni devono essere come una piuma, ma anche robusti e stabili. A giudicare dal brusco atterraggio dell’estate scorsa, l’Aquila avrebbe problemi con la seconda parte.

Ciononostante, Alphabet e Facebook hanno altri piani per aggiungere connettività al mondo. Mentre Alphabet ha deciso di concentrarsi sul progetto Loon, Facebook sta esplorando l’idea di ricorrere a satelliti. L’anno scorso, Yael Maguire, capo del connectivity lab della società, ha detto che i satelliti rappresentavano una priorità inferiore rispetto alla ricerca sui droni. Sarà interessante scoprire se le priorità cambieranno.

(MO)

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