Gli embrioni artificiali danno vita ad un nuovo dibattito di bioetica

Le cellule staminali possono essere indotte ad assemblarsi in strutture simili agli embrioni umani

di Antonio Regalado

Due anni fa, Yue Shao, ingegnere meccanico appassionato di biologia, stava studiando delle cellule staminali embrionali nel tentativo di indurle a formare strutture tridimensionali organizzate su scaffold in gel morbido.

Nell’osservarle alla ricerca di tessuti neuronali, venne attratto dalla velocità con cui si riorganizzavano in forma vagamente circolare. Nel tentativo di identificare la struttura che si stava formando, incappò nel sito The Virtual Human Embryo, dove riconobbe l’immagine in foto di embrioni umani poco dopo l’annidamento, fusi alle pareti dell’utero, con un primo accenno di sacco amniotico contenente il disco embrionale, futuro corpo.

 In poco tempo, con l’aiuto dei suoi colleghi, Shao arrivò alla conclusione che le strutture simil-embrionali erano incapaci di divenire una persona: mancavano infatti le cellule necessarie a produrre placenta, cuore o cervello. Ciononostante, questi “embrioidi” sono sufficientemente realistici da indurre il laboratorio a distruggerli dopo 5 giorni. È in corso un boom della ricerca sugli organoidi, mucchietti di cellule generate da cellule staminali simili a porzioni di cervello, polmoni o intestini. (“10 Breakthrough Technologies: Brain Organoids”).

Ricercatori di Cambridge, G.B., hanno ad esempio costruito una replica convincente di un embrione di topo di 6 giorni.

La neonata “embriologia di sintesi,” permetterà di esplorare, per la prima volta in dettaglio, i primi momenti dello sviluppo umano. Gli embrioni normali, infatti, cessano di crescere in laboratorio dopo una settimana circa. Quanto avviene dopo rimane un mistero.

La ricerca sugli embrioni è anche limitata dalle politiche sull’aborto, sui finanziamenti e dalle forniture limitate delle cliniche per la procreazione assistita. La possibilità di produrre embrioidi, associata a gene editing, optogenetica, microscopi ad alta velocità, sta già permettendo lo studio degli effetti di svariati farmaci sugli embrioni, da quelli che possono generare difetti di nascita a quelli capaci di favorire una gravidanza, o produrre materiale per futuri organi creati in laboratorio.

Secondo Jonathan Kimmelman, membro dell’unità di bioetica della McGill University, Montreal, a capo di un’organizzazione internazionale di ricercatori interessati alle cellule staminali, la discussione etica e politica su queste ricerche non cesserà per qualche tempo. Non c’è ancora una definizione per quanto sta crescendo in laboratorio.

In marzo, una squadra della Harvard University ha proposto il nome “synthetic human entities with embryo-like features,” SHEEFS, in uno studio secondo cui vedremo “molte nuove varietà” in futuro, come mini cervelli. Shao, ora al MIT, dichiara: “Ci stiamo dando la possibilità di studiare un momento dell’embrione umano altrimenti difficile da studiare. Non abbiamo però intenzione di generare un embrione umano completo, dobbiamo pensare all’opinione della società.”

La pensa diversamente Ali Brivanlou, un embriologo a capo della Rockefeller University, di New York City, intenzionato a creare il primo embrione umano da cellule staminali. Le cellule staminali embrionali vennero individuate nel 1998 da scienziati del Wisconsin. Sono state utilizzate dalle società farmaceutiche per produrre cellule neuronali e beta per studiare gli effetti di futuri farmaci.

Gli scienziati stano cercando di far loro produrre tessuti più complicati ed organizzati, mini organi chiamati organoidi.

Simili strutture sono state utilizzate l’anno scorso per dimostrare che il virus Zika può infettare le cellule del cervello. Nel 2014, venne dimostrata la capacità delle cellule staminali di riprodurre alcuni dei primi avvenimenti dell’evoluzione di un embrione.

Secondo Aryeh Warmflash, professore della Rice University, “Le cellule sono programmate a produrre embrioni. Data la forma giusta, la corretta densità ed il corretto segnale, le cellule prendono a comunicare di propria iniziativa.” Secondo Jianping Fu, il professore della Michigan nel cui laboratorio studiava Shao, lui e la sua squadra incapparono quasi per caso nel proprio metodo per realizzare organoidi durante uno studio sulla possibilità di promuovere la capacità delle cellule di formare determinati tessuti grazie a segnali meccanici come la crescita di cellule in gel morbidi o appiccicosi.

Furono in grado di osservare ciascuna delle affascinanti capacità di auto-organizzazione di queste cellule. I loro test dimostrarono che gli embrioidi rappresentano sono solo una porzione di embrione.

Secondo Deborah Gumicio, biologa della Michigan, mancano loro alcune tipologie di cellule fondamentali quali i trofoblasti, responsabili della creazione della placenta, e tre tipi chiave di cellule necessarie alla creazione di un corpo completo. La squadra pubblicò i propri risultati in agosto, facendo molta attenzione ad evitare ogni paragone con gli embrioni. Shao coniò il termine “ciste asimmetrica” per descrivere le entità che hanno così sorpreso la squadra.

 Attualmente, scienziati U.S.A. e britannici non possono studiare embrioni umani oltre le due settimane di sviluppo o la formazione della linea primitiva. È il limite prima del quale nessuno crede che l’embrione possa essere dotato di alcuna forma di consapevolezza o percezione, secondo il Warnock Report del 1984 da cui la regola origina. La squadra di Fu, per ora, sta distruggendo le cellule al quinto giorno di sviluppo, rispettando le linee guida promulgate l’anno scorso dalla società internazionale di Kimmelman dedicata alle cellule staminali, per evitare ogni possibile conflitto bioetico. Gli scienziati sono però pronti a dichiarare che queste strutture non sono embrioni e quindi non soggette a restrizioni.

John Aach, della Harvard Medical School, crede che richiederanno misure etiche completamente nuove. È possibile che un mini cervello realizzato in laboratorio provi dolore?

La definizione attuale di embrione potrà resistere alla capacità dei laboratori di produrre tipologie completamente nuove? Secondo Insoo Hyun, professore della Case Western University, il fatto che questi organoidi siano incompleti gioca a favore di Shao che “dovrebbe progettare esperimenti specifici per ciascuna domanda.”

Nonostante gli embrioidi attuali non siano coperti dalle attuali restrizioni legali, lo potrebbero divenire se gli scienziati li rendessero troppo realistici. I National Institutes of Health utilizzano un processo interno per analizzare i finanziamenti e determinare se “le ricerche proposte potrebbero creare un embrione umano.” Il progetto della Michigan ha potuto usufruire di due finanziamenti dei NIH. Sempre in supporto della preposizione secondo cui gli embrioidi non sarebbero organismi, Shao e Hyun fanno notare la quantità di componenti d’ingegneria coinvolti nella loro creazione. Il punto di queste strutture è il loro modo di svilupparsi in maniera autonoma e simile ad organismi.

Secondo Robert Cork, a capo del Virtual Embryo Project, gli embrioidi potrebbero proseguire il proprio percorso e riuscire a sviluppare le componenti mancanti.

 Il suo laboratorio ha cominciato a realizzare embrioidi su chip della misura di carte di credito. I chip sono dotati di 6 microcanali, ciascuno dei quali contenente 10 di essi sospesi in idrogel. In questo modo, Fu prevede che “tutto possa essere messo in moto e mantenuto sotto controllo.”

(LO)

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