Ancora su tecnologia e disuguaglianza

In un mondo democratico, dove poteri diversi si bilanciano e controllano a vicenda, la tecnologia creerà nuove opportunità di benessere per un numero crescente di persone.

di Carlo Bozotti

Una settimana fa è apparso sulla Home Page di MIT Technology Review Italia un lungo articolo di David Rotman, direttore di MIT Technology Review USA, che con specifico riferimento alla Silicon Valley si soffermava sul crescente divario tra poveri e ricchi, commentando in particolare il recente e fortunato saggio dell’economista francese Thomas Piketty. Il problema presenta tanti e tali risvolti di natura tecnologica, finanziaria e manageriale, che abbiamo ritenuto opportuno ascoltare in proposito anche alcuni importanti studiosi e operatori italiani, a cominciare da Carlo Bozotti, CEO di ST Microelectronics.

è vero, la remunerazione del fattore lavoro perde terreno, mentre quella del capitale cresce. E si tratta indubbiamente di uno dei fattori principali per l’acuirsi del divario fra ricchi e poveri, a danno della classe media. Si tratta peraltro di un fenomeno tipicamente occidentale, mentre nei paesi asiatici a forte crescita si afferma un ceto medio quasi inesistente 40 anni fa. La mia esperienza in un mondo globale – STMicroelectronics ha impianti di produzione e centri di progettazione in 4 continenti – mi porta a dire che il fattore lavoro ha perso valore perché l’offerta di lavoro è cresciuta in modo smisurato quando lavoratori con competenze più basse o uguali sono diventati raggiungibili facilmente da parte delle imprese occidentali. Che si tratti di delocalizzazione o immigrazione, l’effetto della globalizzazione è quello di mettere in competizione i lavoratori. Si è bloccato il meccanismo che vedeva gli incrementi di produttività riflettersi sui salari.

è innegabile che la tecnologia abbia contribuito ad aumentare la produttività e a fare scomparire posti di lavoro, ma anche professioni e mestieri. L’automazione è uno dei driver più potenti, soprattutto da quando è nata la macchina a vapore; in più il Web ha fatto scomparire intere categorie professionali o ha aperto i varchi per utilizzare competenze professionali in altri Paesi. Al tempo stesso, ha contribuito a crearne di nuovi in continua espansione.

Ma la tecnologia non influisce in un solo senso. Dal mio punto di vista, crea strumenti che lavorano anche in senso opposto. Le cosiddette cleantech, per esempio: nuove tecnologie che riducono i consumi energetici, sfruttano nuove fonti di energia, aiutano i piccoli produttori indipendenti e, riducendo i costi di produzione dell’energia, abbassano la soglia di ingresso per nuovi imprenditori e per nuovi agricoltori. Il controllo delle fonti di energia e di acqua è un tema cruciale a proposito del divario ricchi-poveri e la tecnologia può agevolare la liberalizzazione degli accessi a queste fonti.

Altra grande sfida planetaria è l’healthcare. I dispositivi a cui l’industria elettronica sta lavorando permetteranno di abbassare il costo di prevenzione e cura, garantendone l’accesso a tutti i ceti. Solo per fare un esempio, il monitoraggio a distanza dei parametri clinici riduce la necessità di vedere un medico, ma aumenta le possibilità di controllo e prevenzione delle patologie.

In più, sperimentiamo da qualche anno un fenomeno che noi, industria dei semiconduttori, prospettiamo da decenni: la pervasività della tecnologia fa sì che oggetti e sistemi diventino “tecnologici”, dal braccialetto che ci dice quanta attività fisica fare, ai famosi occhiali che incorporano video camera e microfoni, l’elettronica è sempre più vicina a noi. Le possibilità di applicazioni a livello locale sono pressoché infinite. Chiunque di noi può costruire un nuovo prodotto o un nuovo servizio senza essere un superlaureato in elettronica. Come per il mondo delle APP, così la rete dell’Internet of Things stimolerà la nascita di nuove micro o macro imprese. Anche questo è un fenomeno che seguiamo da vicino, e di cui quindi vediamo le potenzialità.

Le ricadute dei nuovi sviluppi tecnologici possono essere imponenti. Certo occorrono nuove figure professionali, lavoratori ma anche utenti che sappiano padroneggiare alcune tecnologie fondamentali. L’informatica nei curricula scolastici è necessaria come lo è saper scrivere o la matematica.

Nell’Europa di fine Settecento la rivoluzione industriale, innescata dall’invenzione della macchina a vapore, ha creato una nuova classe sociale, la borghesia. Oggi possiamo aspettarci che un controllo diffuso del Web e delle nuove tecnologie crei nuovi imprenditori e nuova ricchezza nei Paesi sviluppati e in quelli più poveri. In un mondo democratico, dove poteri diversi si bilanciano e controllano a vicenda, la tecnologia creerà nuove opportunità di benessere per un numero crescente di persone.

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